13 Agosto 1935

il 13 Agosto nel 1935 nella Valle d’Orba Acqua, Fango, Disperazione, Lacrime, Silenzi.

Oltrepassata l’amena piana, della Badia di Tiglieto, in direzione di Olbicella, ci si ferma al Belvedere, ad ammirare le suggestive anse dell’Orba.

C’e’ qualcosa di strano e di violento nel sottostante alveo del fiume

In questo punto, l’acqua ha scavato un profondo canyon e scorre su un fondo roccioso.

Una tabella a bordo strada ci ricorda del taglio del Ruta, effettuato nel 1782, un enorme sbancamento, per eliminare un naturale restringimento dell’alveo dell’Orba.

La piana della Badia era soggetta alle esondazioni del fiume, ma la zona funzionava anche da golena limitando il rischio idrogeologico a valle.

13 Agosto 1935

Era arrivata quella pioggia, tanto desiderata, lampi e tuoni, annunciarono l’inizio di un violento nubifragio che stazionò per tutto il giorno sull’alta Val d’Orba.

Erano le 6 del mattino di quel martedì 13 agosto

In otto ore caddero 550 millimetri d’acqua!

In pratica per ogni Km/q 15 metri cubi al secondo, per otto ore!

Nell’abitato delle Rocche, alle ore 13.30 le donne avevano finito di riassettare la cucina, dopo il pranzo.

Gli uomini erano tutti a casa e scuotevano la testa, la giornata di lavoro nei campi era persa, però quell’acqua ci voleva.

Da troppo tempo non pioveva.

Giovanna era una bambina di 10 anni, dalla finestra volse lo sguardo verso la sottostante borgata di Battagliosi e vide distintamente, le persone sopra i tetti delle loro case.

L’invaso di Ortiglieto stava tracimando dagli sbarramenti e il livello del fiume crescevaa vista d’occhio.

Si erano messi in salvo dalla piena dell’Orba.

Rivolta ai suoi famigliari Giovanna, esclamò

– L’acqua è arrivata dalla casa di Maria!-

Ma qualcosa di tremendo stava per accadere.

Arrivò da lontano un rumore sordo

Giovanna vide distintamente una sorta di grande nebbia avanzare velocemente.

Ma quando passò laggiù nel fondovalle, con un rumore assordante, vide che in quella nebbia c’erano degli alberi che stavano galleggiando, portati via da un gigantesca onda di fango.

Un’altra testimonianza, sempre datata il 13 agosto del 1935, fa capire quanto era immensa, quella massa d’acqua che travolse lo sbarramento di Sella Zerbino.

La Diga di Compensazione,

ponti e case.

Impianti di produzione elettrica

Nella grande abitazione dove alloggiava il custode della diga di Monte Zerbino, con la sua famiglia, si soffocava dall’umidità di quella pioggia d’agosto.

Finestre e porte, iniziarono a sbattere a causa di una improvvisa folata di vento.

Era quell’enorme massa d’acqua, che rovinando verso valle, risucchiava aria dalle zone circostanti.

Molte le foto, notizie storiche e testimonianze presenti, nella pubblicazione “ 13 Agosto 1935 il Giorno della Diga” una documentazione unica, edita dall’Accademia Urbense di Ovada nel 2005 per commemorare i 70 anni dalla tragedia

Furono 111 le vittime e alcuni dispersi.

Non ci furono condanne per questa tragedia.

Il processo svoltosi a Torino il 28 maggio 1938 sentenziò, l’assenza di colpe attribuibili alla proprietà, le Officine Elettriche Genovesi, una società del gruppo Edison.

Fu solo colpa di madre natura e di quell’evento, uno ogni mille anni

In una relazione conclusiva le vittime furono così definite:

Tappe dolorose del progresso!

Eravamo in epoca fascista e il partito riceveva libere o forzate donazioni dagli industriali.

Vittorio Emanuele III si recò in visita alle zone colpite dall’onda di piena, in borghese come un turista, d’altronde erano morti perlopiù i soliti contadini e boscaioli e le loro famiglie.

Povera gente analfabeta e di buon comando sacrificabili in guerra e nelle tragedie e le loro famiglie avvezze a vita grama e ai funerali.

Fu un condono all’italiana la causa di tutto

La diga di Sella Zerbino era stata rialzata dalla O.E.G, ben oltre il suo progetto originario.

L’abuso fu sanato con Regio Decreto nel 1927 con l’obbligo, mai rispettato da parte della OEG, di fornire uno studio geologico del tipo di roccia, dove questo sbarramento era ancorato.

La capienza dell’invaso di Ortiglieto decuplicò il suo volume.

Ma il basamento e le pareti in quel punto erano costituite da rocce fessurate.

Alcune falle furono tamponate con iniezioni di calcestruzzo.

La natura diede sfoggio della sua immane potenza, ma l’evento eccezionale, divenne tragedia per colpa del profitto privato.

La priorità, per la produzione di energia elettrica nella Centrale di Molare e in quella dei Frati di Ovada, era di mantenere sempre alto il livello dell’invaso.

La mattina di quel 13 agosto fu dato ordine alla diga principale, quella di Monte Zerbino di scaricare.

Ma nel tentativo di abbassare il livello dell’acqua, alcuni dispositivi non funzionarono, si bloccarono per il fango e i vegetali.

L’acqua superò il culmine delle due dighe per oltre due metri.

La diga di Sella Zerbino cedette di schianto.

30 milioni di metri cubi d’acqua, con un fronte d’acqua di quaranta metri di altezza, travolse e distrusse ogni cosa, esseri viventi, vegetali e manufatti a Molare e Ovada.

Dopo qualche giorno l’onda di piena, confluita nel Po raggiunse a Piacenza l’altezza di tre metri.

A una settimana dal disastro l’onda arrivò nell’Adriatico.

Restano le testimonianze dei sopravvisuti, raccolte nel libro “13 Agosto 1935”

Racconti di povera gente travolta dalla piena nel tentativi di mettere in salvo misere cose, salvataggi fortuiti, si moriva o si restava miracolosamente vivi per questione di pochi centimetri, fughe disordinate per mettersi in salvo sopra un bricco, un bambino corse a piedi nudi a fermare un treno che stava per transitare sopra un ponte che non c’era più, un meccanico legato con una fune fatta di lenzuola portò in salvo venti persone, stessa modalità di soccorso utilizzata da un brigadiere dei Carabinieri che portò in salvo una decina di persone alcune famiglie che avevano trovato rifugio in un sottotetto furono travolte dai tronchi, poi fango, buio, disperazione, tante lacrime, silenzi.

Ringrazio Alessandro Calzolaro che mi ha inviato questo link di “Mirabiglia il podcast delle storie straordinarie” dove la voce narrante, racconta la storia della Diga Abbandonata

Bisogna conoscere bene la Storia, ma poi serve visitare i luoghi di queste grandi tragedie dove e’ rimasto un dolore per sempre.

In un giorno d’agosto sono con Francesco nell’alveo dell’Orba nei pressi di Monte Zerbino.

Francesco conosce bene la zona per motivi lavorativi, gestiva in remoto dalla Centrale Termoelettrica di Vado Ligure, la piccola diga di Ortiglieto.

Oggi il grande bacino imbrifero dell’Alta val d’Orba in caso di forti piogge convoglia rapidamente, in pochi minuti una enorme quantità d’acqua e fa tracimare la diga di Ortiglieto.

Questo impianto di modesta potenza costruito successivamente alla tragedia è attualmente in servizio.

Lo sbarramento è stato costruito per essere oltrepassato dalle onde di piena dell’Orba senza subire danni.

Dal giorno di quella tragedia il fiume ha cambiato il suo naturale corso

Molto suggestivo arrivare allo sbarramento di Monte Zerbino.

Avvicinandosi alla diga, all’interno di un bosco si vede improvvisamente, oltre la cima degli alberi svettare il castello di guardiadiga e di manovra della valvola di fondo.

Poi ecco tutta la maestosità della diga di Monte Zerbino, con i dodici sifoni che si adescarono quel 13 agosto 1935, ma non furono sufficenti ad evitare il tracimare della diga.

Vista dall’alto invece impressiona l’altezza di questo gigante perso nel verde

Foto d’epoca ritraggono questa colossale opera in cemento armato, sparire quasi a confronto del gigantesco invaso di Ortiglieto

Fra un paio d’anni saranno cento anni da quando fu ultimata questa grande opera.

Massiccia, imponente è lì a ricordarci, anche le altre grandi tragedie d’Italia.

Dove gente comune, poveri cristi, non hanno avuto la giustizia degli uomini.

E domani si commemora un’altra strage, ma quella è un’altra storia, un’altra Vergogna d’Italia

Le foto in b/n sono tratte dal libro edito da Accademia Urbense da”13 agosto 1935 il giorno della Diga”

Una documentazione storica meritoria per mantenere viva la memoria di quella triste tragedia che ha colpito le comunità della Val d’Orba.

Foto durante la costruzione delle dighe e impianti di produzione idroelettrici

Foto di persone e scene di vita nella Val d’Orba

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