A Biscia

Le bisce, invisibili animali sempre in agguato.

In Zeneise prendono il nome dei loro nutrimenti

Rattea, Oscelea,Baggea.

Vivono nell’erba, nell’acqua, ma anche nelle nostre città si nascondono nelle buche e negli anfratti delle rocce o nelle fogne.

Nei pressi de na Vinvagna o de na Smoggia, c è una sempre una biscia in agguato

Animali intelligenti, capaci di star giornate intere a spiare potenziali prede.

Con un fiuto sensibilissimo

E di notte a caccia.

Questa è la storia di un’esemplare di biscia che semino’ il panico nel nostro entroterra.

Le comunità furono allertate della presenza di questo grande rettile.

Ma ad ogni avvistamento seguivano mesi e mesi senza più nessun riscontro.

Un grido ruppe il silenzio dell’abbiocco, post pranzo.

– U Bisciun u l’è chi! Mamma quanto u l’è grossu!-

In effetti era impressionante quel rettile.

La biscia era lì a penzoloni dal pergolato.

Aveva appena fagocitato due piccoli di cinciallegra, lo si capiva dal cinguettio disperato della femmina, che nulla pote’ fare per evitare che gli ultimi due uccellini rimasti, fossero divorati da quel rettile.

Accorsero gli uomini, con un Furcuin e u Marassu, ma la biscia velocissima, si era dileguata.

Un cane l’aveva inseguita lungo il fosso che portava al fiume.

E stava latrando davanti ad un enorme masso, ecco dove era la sua tana!

Quella bestiola commise l’imprudenza di entrare nell’anfratto.

Dopo poco si mise a guaire disperato.

Gli uomini arrivarono in tempo per vedere sparire un’enorme coda sotto quella pietra.

Il pianto disperato di quel cane era amplificato da quella cavità, che doveva essere enorme.

Poi quella povera bestia uscì tutto tremante da quel buco, muovendo all’impazzata la coda, cercando conforto e carezze.

Con la lingua penzoloni.

Aveva rischiato di esser stritolato da quella biscia.

Maledetta bestiaccia!

Ma ora era in trappola!

Fecero rotolare una grossa pietra chiudendo l’ingresso di quell’anfratto.

-Diamo fuoco!-

Disse il più esagitato

-Se esce la facciamo a pezzi!-

Ma sempre prevaleva la parola degli anziani: dissero che si doveva andare da lui: u Cacciabisce.

Era un’ uomo vecchio quasi cieco, di lui si diceva che catturando le anaconde in Brasile, aveva fatto fortuna.

Alcune vecchie foto ingiallite appese alle pareti della sua casa, testimoniavano questa sua attività.

Fu portato da quella grande pietra.

La tana della biscia.

Disse di togliere quella pietra, doveva entrare in quella cavità.

Gli sarebbe bastato mettere il naso all’interno, per sentir se c’era l’odore della biscia.

Accese la luce della torcia

Quell’anfratto era enorme!

La luce non arrivava al fondo.

Ma entrando si sentiva distintamente un rumor d’acqua.

E quella biscia chissà dov’era da qualche parte nascosta lungo quella vena d’acqua

Distratto da questi pensieri, gli arrivò con una vampata

quell’odore….

Improvvisamente qualcosa gli accarezzo’ una spalla.

Due occhi si illuminarono a poca distanza da lui.

– A sei tu!

Si rese conto di aver commesso un’errore!

In quel passaggio stretto la biscia era in agguato.

Quella biscia maestosa lo guardava

Era la sua preda

Poteva morderlo anche stritolarlo, ma non lo fece

Chissà perchè, ma aveva fiducia in quell’uomo.

Anche lei era in trappola

E troppo stanca per fuggire

Lui poteva approfittare della debolezza di quell’animale.

Aveva un affilatissima roncola e sapeva come sferrare un colpo mortale

Poi sarebbe uscito trionfante trascinando con se quella bestiaccia, come un trofeo

Avrebbero messo la sua foto sul giornale.

Sarebbe diventato famoso, raccontando anche dell’Amazzonia e delle anaconde.

Riferì del grande anfratto e di quel fiume d’acqua sotterraneo.

E di quella biscia neanche più la puzza

Francesco Baggetti

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