
E lui! Mi vede, gli punto il dito mi riconosce, eccolo Renato Righetti classe 1936!
Seduto a un tavolino in via Numascelli.

Renato è andato via dall’Italia, nel 1961, per amore seguendo Anna, una ragazza olandese in vacanza nella nostra città.
Ha lavorato nella Philips in Olanda e poi in Germania
Da quel lontano giorno, era stato poi diverse altre volte in vacanza a Varazze.
Mai più stato nel Sciu da Teiru.
Una mattina di fine agosto parcheggiamo l’auto nel lungo Teiro
Quando Renato, lasciò la sua città natale, non c’erano ancora gli scempi perpetrati dalle autostrade, gli orti erano ancora ben radicati nella Caminata e in ta Lomellina, il treno passava nella ferrovia ottocentesca in riva al mare.
Le grandi fabbriche di Varazze e le cartiere lungo il Teiro, davano lavoro a migliaia di famiglie.
Il turismo era già una bella realtà, ad agosto la città era invasa dai turisti tedeschi e bagnanti milanesi.
Siamo dalle Canossiane, Renato mi indica il pilone della Camionale, lì c’era la casa dove abitava Dogliotti.
Passiamo dietro le case nel Caruggio, dove scorreva il Beo che dau Pasciu portava l’acqua agli orti della Caminata.
Qui i bambini non dovevano sostare, il muro di contenimento che delimitava il canale d’acqua nascondeva un sito di sepoltura, erano a detta degli adulti le catacombe!
E quelle aperture sul muro, gli sfoghi d’aria di quelle cavità
Un giorno, Renato aveva 10 anni, in questo caruggio dietro alle case, una persona di sua conoscenza, gli consegnò una busta chiusa, da consegnare au Madama, il capofabbrica del Cotonificio, che abitava in ta Ciassetta di Muinetti.
Qualche giorno dopo seppe dai carabinieri che in quella busta c’era la richiesta di un riscatto.
L’uomo fu arrestato.

Alla fine del caruggio si svolta a sinistra dove c’è a Ca du Vultin, qui Renato resta per in silenzio con gli occhi lucidi, in questa casa abitava da bambino con la sua famiglia.

Nella foto in b/n Renato u Neigru è quello davanti al padre il fratello Rolando u Pecettu davanti alla madre.
Umberto Righetti e Settimia Sacco avevano sei figli maschi, Bruno 1921 u Posa, Andrea 1924 u Checco, Raimondo 1927 u Boccio, Vittorio 1933 u Peguà, Renato 1936 u Neigru, Rolando 1938 u Pecettu, ebbero altri sei figli deceduti in culla.
A Ca du Vultin negli anni è stata rimaneggiata, Renato mi descrive come era suddiviso l’interno e a lato del voltino, lo spiazzo dove sua mamma sedeva d’estate.
Renato coltivò per qualche tempo, la passione per i colombi
Del Garbasso, un grande pozzo scavato nell’angolo della via non c’è più traccia.
Al suo posto una scala a due rampe che porta alla soprastante Ca de Suore.
A bambini e ragazzotti era stato detto che nel Garbasso c’erano le sabbie mobili!
Quel Buttasso divenne scarico di rumenta tutto era gettato al suo interno.
Suo papà, il 24 aprile del 1945 vide Renato ed altri fratelli arrivare a casa con delle armi prese dall’albergo Genova, ex presidio tedesco abbandonato dai tedeschi in fuga.
Tutto quello che c’era all’interno dell’albergo, fu depredato dalla gente di Varazze
Il papà si spaventò vedendo fucili e pistole
Per paura di qualche denuncia o peggio, gettò quelle armi nel Garbasso e lì ci saranno ancora.
A Renato restarono degli stivali di un paio di taglie più grandi, uno alto e uno basso.
Usciamo in via Piave, ancora nomi di persone che abitavano in queste case basse prima dell’imbocco de via Gianca
Barbarossa soprannominato u Becin-a
Verso Vase in una casa addossata all’argine del Teiro con un bel pergolato in ferro abitava a Durina una vedova di origine veneta
Di lei si diceva che a chi gli portava un gatto dava dei soldi.
Alla base da Via Gianca c’era il mulino dei Ghigliotti.
Un locale fu adattato a stalla per ospitare una mula, che nel 1942, fu mandata anche lei a morire in Russia
Arriviamo in ta Ciassetta di Muinetti qui abitava il Madama e c’era il consorzio dove i Coggipigne portavano i sacchi.
Renato mi aveva già raccontato dei Coggipigne in questo link.
https://quellisciudateiru.com/2022/05/14/i-coggipigne/
Da questa posizione sopraelevata, si ha la vista della curva del bar Marilena, dove incombe un grande affioramento di roccia viva, delimitato alla sua base da un possente muro.
Lì erano cavate le pietre per edilizia, un’attività effettuata ancora a mano e che impegnava molta mano d’opera.
In una buca di quella cava, trovo’ rifugio Renato durante un bombardamento
Difronte au Palassu da Fabrica c’era una passerella in acciaio e legno.
Arriviamo nella zona du Muin a Vapore, qui il papà di Renato aveva avviato nel 1937, un’attività di recupero degli stracci, impregnati da sostanze oleose, provenienti dalle industrie di Varazze, ma anche da Genova e Savona.
Il procedimento chimico messo in atto in questo opificio estraeva dal pezzame gli oli, che erano venduti come grassi lubrificanti
I stracci puliti e fatti asciugare erano rivenduti alle industrie da dove erano stati acquistati.
Renato ricorda il grande locale a uso deposito degli stracci contaminati da olio e grasso, con al centro un’apertura.
Qui il pezzame era gettato al piano sottostante per il processo di lavaggio .
Tutta l’attività era effettuata da personale femminile.
Ebbe termine nel 1945 a seguito della morte di Umberto.

Da u Muin a Vapure incontriamo Simona Parodi.
Con lei si parla di questa zona, in stato di abbandono fagocitata dai vegetali, un’area ricca di manufatti.

L’ultima rimasta di un passato industriale della nostra città, con veri e propri monumenti ancora eretti come un Muin a Vapure, a Savunea e la Grangia grande e dimenticato reperto storico dei Cistercensi.
In altre realtà, con altre sensibilità culturali, queste strutture una grande parte di storia della nostra città, sarebbero valorizzate, come un museo all’aperto, e negli spazi al chiuso conservare attrezzi e macchinari di un passato industrioso che non deve essere dimenticato!
A Varazze si faceva di tutto dalle imbarcazioni ai tessuti il cuoio le corde i motori marini gli idrovolanti i MAS si fondeva la ghisa e si faceva la carta si macinavano olive e grano si faceva la pasta i dadi per brodo e i tappi di sughero ec…
Servono sensibilita’ e persone di buona volontà che mettano in salvo questa zona
In un impensabile slancio di vitalità u Muin a Vapure potrebbe diventare una città degli artisti come è Bussana Vecchia.

Ora siamo lungo la Via Bianca qui scendeva il giovane Renato u Neigru per la pelle abbronzata, con il pesante sacco di pigne.
Dopo la morte del padre per la famiglia Righetti furono anni difficili.
Renato mi parla delle scorribande a rubar la frutta.
Di quel giorno che arrivati a rubar ciliegie intorno alla casa dei Bin nell’ora di pranzo si accorsero ad un certo punto di essere stati scoperti, quando non udirono più il rumore di cucchiai e forchette provenire dalla sala da pranzo.
Come sempre quando c’era da fuggire si dividevano e poi si salvi chi può
Abili e velocissimi quel giorno non furono raggiunti dall’intera famiglia dei Bin che si erano messi al loro inseguimento!
Arriviamo alla discarica della Ramognina qui il paesaggio e molto diverso.
Domando a Renato se si ricorda del Beo delle Faje che attraversava questa zona.
In quel canale d’acqua loro ragazzi, i Coggipigne mettevano il pane raffermo per renderlo morbido.
Era il loro mangiare di mezzogiorno.
Non esistono più quei grandi boschi di pini ad alto fusto, da dove si poteva passare da una pianta all’altra per raccogliere le pigne non badando a lividi escoriazioni o tagli.
Uno sull’albero a far cadere le pigne, l’altro di sotto a raccoglierle e metterle nel sacco.
Il sole è quasi a picco quando arriviamo alla chiesetta del Beato Jacopo fa molto caldo.
Ci mettiamo all’ombra del porticato Renato guarda un paio di esemplari di pino simili a quelli che popolavano queste zone.
Anche qui arrivano improvvisi i ricordi di amici e fratelli con lui in questo posto per passatempo o a raccogliere pigne.
Renato fa i loro nomi u Peccettu, u Legnettu Sanguinettu.
Si commuove pensando a loro ai suoi amici ai fratelli ad un mondo lontano che non esiste più

Renato mi ha raccontato nel link che segue, di sua moglie Anna V/D Berg
Ringrazio Renato di avermi raccontato qualcosa dei suoi anni giovanili di com’era la vita nel dopoguera nella nostra città.
