1 ottobre 1964

Era il primo giorno di scuola di chi era nato come me nel 1958.

Eravamo in 26, quel giovedi primo ottobre del 1964 nellla 1.A, con il maestro Fausto Buffarello.
Nella foto l’originale Registro della Classe 1A con i nomi dei miei compagni
Nel mio racconto “Olio d’oliva e cotone” al seguente link, sono descritti alcuni accadimenti di quegli anni scolastici.
Quattro di loro non sono più insieme a noi, vorrei ricordarli, in questo primo di ottobre.
Lo stesso giorno di molti anni fa, quando ci siamo conosciuti:
Simone Ratto,
Claudio Benvenuti
Nicola Marrone
Giancarlo Gelsomino
Di quei primi giorni di scuola non ho un ricordo nitido.
Ma so che per noi bambini, abituati a passare le giornate nel Teiro, nel bosco o a giocare a pallone, Siotti e Serveghi, era un supplizio dover star ore seduti e fermi.
Il tempo non passava mai.
Gli sfoghi di quelle generazioni di bambini, strappate dal loro vivere in natura, erano visibili nei banchi di scuola, rigati tormentati con ogni improvvisato attrezzo alcuni furono scavati fino a perforare il piano.
Non era facile per gli insegnanti avere a che fare con quei bambini irrequieti.
Di madrelingua zeneise costretti ad imparare quella lingua sconosciuta.
Inevitabile il tentativo di tradurre in italiano i termini dialettali.
Nacque sui banchi di scuola il Zenagliano un spassoso ibrido di lingua pseudo italiana
Ecco un verosimile racconto di quella giornata in Zenagliano
Anco’ 1 ottubre 1964 è stato u me primmu giurnu di scoa, il maestro se ciamma Fausto e’ erto e porta i speggetti, siamo in tanti in classe 1.A, tutti bagarelli de Vase, il maestro ci ha fatto ando’ a lavagna a fare le aste, ne emmu fatte, tante tante, tutte dritte, da stufase.
Io poi le ho fatte cun il lapi di mio papà che fa il bancalaro sulle toe di legno.
Il maestro è un bravu german ci ha mostrato che ci duvemmu assettare quando il maestro lo disce.
E isase quando intra u maestro o n’atru.
Suvia na miaggia c’è Gesu’ misso in crusce e sottu un cun i speggetti e la cravatta u cappu dell’Itaglia
Ho u me banchetto duvve ho missu a cartella, ho il scoscia’ neigru con u fioccu blo, che devu stare attentu che me lo desgruppano.
Emmu fatto la ricreasione de foa.
U maestro na ditu de nu curri’ che maniman ci diamo na facciata in tera, mi me sun mangiato la figassa che avevo accattato da Marinin.
Con le man pine d’oio ho unsato il quaderno.
Quando u lè suno’ a campana semmu sciortiti de cursa
Foa da scoa ghea me so’ Clara che me aspettava le cun u scoscia’ ciancu e semmu andetu a ca insemme.
Ma aua basta parla’ in italiano aua che sun sciurtiu da scoa possu parla’ in zeneise!
Duvemmu attraverso’ u puntin cun l’arcu e sta attenti passo’ in su marciape’ che u l’e’ attaccou a miaggia de Teiru poi tutta via Muntegrappa, cun u giu da fabbrica, duvve u ghe sempre ventu.
A me non piace andare a scoa mi ballano le gambe di stare sempre assetato
