I Recinti di Pian Cavallero

Capita a volte, girovagando senza meta per boschi o perché incuriositi da un racconto, di arrivare al cospetto di antichissimi manufatti.

Semisepolte invase dall’edera o dal muschio, sfidando vento, pioggia e calamità naturali, queste opere dell’ingegno umano, sono arrivate ad oggi, conservando ancora l’energia di chi le ha costruite

Noi uomini moderni, a nulla capaci, senza ausili meccanici, siamo a domandarci, come fecero con la sola forza delle braccia uomini e donne a spostar macigni e spianare montagne.

Sergio ed io, abbiamo conosciuto Franco Moregola dell’Associazione Posidonia di Cogoleto, alla presentazione del libro Prebuggiun di Laura Brattel, nello stupendo scenario di Isorelle.

A margine dell’evento, Franco ci aveva parlato di un luogo molto interessante a Sciarborasca.

“Vi devo portare a vedere i recinti in pietra di Pian Cavallero”

Toponimo acquisito, durante la Seconda Campagna d’Italia, quando nell’aprile del 1800, in questo pianoro, si era accampata una guarnigione di soldati a cavallo, della Grande Arme’.

Franco aveva aggiunto un particolare molto interessante ” Ci sono pietre che erano lì, molto prima dell’arrivo dei francesi”

Una mattinata uggiosa, aveva ceduto il cielo, ad pallido sole e allora in un pomeriggio di metà ottobre, sono a Sciarborasca, insieme a Francesco Canepa, Sergio Cosseria, Giampiero Quagliati con Franco Moregola, che ci guida, attraversando il Rumaro, verso Pian Cavallero.

Molto godibile il Sentiero del Contadino o percorso dell Ecomuseo realizzato dalla ex- Comunità Montana Argentea nel 2004, che dalla Casa Contadina scende verso Cogoleto e arriva nei pressi dell’ex Tubi Ghisa, costeggiando il torrente Rumaro, qui diversi cartelli didattici, ai lati del sentiero illustrano le specie vegetali e la storia locale.

Durante durante la Seconda Guerra Mondiale la zona era un punto di passaggio per i dipendenti di Pratozanino, e per chi doveva scendere verso il mare, qui in una costruzione di pietra ormai distrutta, era presente un tabacchino pare gestito da un tedesco.

Una deviazione, resa fruibile da Franco e i soci dell’Associazione Posidonia, tramite il taglio dei vegetali, permette di raggiungere il greto del torrente, ed effettuare il guado, per raggiungere la sponda sinistra del Rumaro.

Qui sotto un bosco di querce, nascosti dal pungitopo, che ha colonizzato questa zona, si celano poderosi manufatti in pietra.

Al termine della visita di questo sito, a mio parere roba da archeologi, provo ad azzardare da profano, una mia personale, opinabile, spero verosimile ipotesi.

Furono i romani a costruire questi muri?

Le legioni di Roma nei loro ripetuti tentativi di conquista delle terre dei Liguri, provenienti da Genua, erano obbligate, a causa di insormontabili ostacoli naturali, lungo il litorale, a percorrere il nostro entroterra.

Arrivate su l’ampio pianoro, dove oggi sono adagiate Lerca e Sciarborasca, molto probabilmente in questa zona, edificarono un caposaldo con funzione di Limes, era il confine delle terre da loro conquistate, durante la lunga e sanguinosa guerra contro le tribù dei Liguri

Gli ingegneri seguivano le legioni, osservavano il territorio i fiumi, cercavano varchi fra i Bricchi, chiedevano consigli ai muli per le salite, i loro sacerdoti consultavano i Genius Loci, per avere la loro benevolenza, prima di violare un luogo, costruendo ponti, nuove viabilità, fortezze.

Edificarono Castrum e città, sempre lungo le strade o dove era un crocevia.

Come a Pian Cavallero

Molto interessante il toponimo Rumaro (Roma in zeneise se disce Ruma) il fiume che lambisce la località Arma di Sciarborasca (altro toponimo interessante)

Nell’antica località i Campi, oggi Pian Cavallero, immersi in una fitta vegetazione di Ersci e de Bruscu, ci sono questi poderosi recinti in pietra, aventi un’altezza media di circa un metro e di larghezza similare.

Alcune porzioni di muro risultano atterrate, molto probabilmente le pietre che componevano questi manufatti, saranno inglobate in qualche edificio della zona.

I recinti sono di forma quadrata e rettangolare senza altro manufatto al suo interno.

Questo fa pensare a recinti difensivi.

Per animali o uomini ?

Il fiume poco distante, era utilizzato per abbeverare gli animali, ma diventava anche un provvidenziale limite invalicabile nei mesi invernali.

Continuando l’esplorazione in questo sito, grazie alla guida e alle notizie storiche di Franco, si scoprono altre cose.

Ecco le pietre a punta, ricoperte di un bel muschio verdissimo!

Vero e proprio simbolo di proprietà terriera o di chissà quale altra cosa, di chi agli albori dell’umanità popolò il Beigua e le sue propaggini.

Un’ulteriore conferma sono le pietre fitte a lato di una strada, forse anche un menhir abbattuto.

Molti altri monoliti, giacciono semisepolti abbattuti da una violenza che ancora si percepisce.

A questo punto è lecito supporre l’esistenza di un villaggio o di un’altro insediamento umano, antecedente il Limes romano?

C’era forse una sorgente sacra, dove si trova un terrazzamento, con quella grande pietra al centro di un pianoro?

E quei megaliti furono posti a difesa di questo luogo dalle piene del fiume?

La luce diurna va diminuendo, ma c’è ancora tempo per visitare un’altra zona di Pian Cavallero, attraversata da un’antichissima strada delimitata da un possente muro.

Seguendo questo percorso si attraversa una cascata di pietre.

Si esce dalla boscaglia e si arriva in una bella zona prativa.

Qui Franco ha la fortuna di trovare due belli esemplari di Amanita Cesarea!

Ringrazio Franco per averci accompagnati in questo sito, molto suggestivo e meritevole di essere visitato, da chi ha le competenze per dare possibili spiegazioni storiche e scientifiche.

Ringrazio gli amici Francesco, Sergio e Gian per una piacevole giornata in loro compagnia

Buona giornata

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