
L’entroterra della nostra provincia, è facilmente visitabile in moto.
Il clima ci sta regalando un bell’autunno!
Al sole si sta bene, l’aria in moto però è fresca e allora serve un’abbigliamento pesante e l’immancabile girocollo perché tantu zueni nu semmu ciu!
La gran parte dei paesini, anche quelli abbarbicati sopra un cocuzzolo, hanno sempre una strada, che poi prosegue per un’altro borgo, magari solo un gruppo di case disabitate, retaggi di un passato, anche recente, dove l’economia rurale, bastava al fabbisogno di molte famiglie.
Castagne, pulenta, lete e na resta de pan, pe tio sciu nie’ de figgi.
In autunno, quando gli apparati vegetali si diradano, è possibile scorgere in mezzo ai boschi, innumerevoli rustici, case e ruderi.
Testimoni del radicamento al territorio di generazioni, che dal bosco, dai campi coltivati o dai pascoli, traevano la loro sussistenza.
Se capita, di visitare una di queste case coloniche, non si può, non ammirare il lavoro, la fatica di tanti uomini, donne e anche bambini, che hanno vissuto fra quelle mura.
Li è rimasto un amore che non c’è più.
Miagge de pria, pavimenti de toe, teiti de scandue.
Ora è tutto lasciato al volere della natura, che le sta inglobando, nella sua massa vegetale.
La causa dello spopolamento, è stato il progresso, una nuova economia l’industrializzazione?
Non solo.
Mi soffermo, ad ogni monumento o lapide che scorgo in questi paesi, dove sopra il marmo, sono incisi i nomi dei caduti delle guerre mondiali, è impressionante il tributo di sangue, che hanno versato gli abitanti, del nostro entroterra, in gran parte contadini e boscaioli.
Giovani di buon comando, già abituati a far vita grama e poco scolarizzati.
Carne da cannone, nella prima guerra, vittime di un regime di morte, nella seconda guerra.
In entrambe, non ha senso nominare la Patria.
Che Patria era, quella che ha mandato alla morte, questi ragazzi, che avevano la loro vita, in questi boschi fra queste “quattro case” che ha stroncato intere comunità, perché servivano solo dei morti per avallare il senso della Patria?
Che ha lasciato piangere e a disperarsi giovani donne, mogli e mamme per un’amore che non c’è più.
C’è stato un’eccessivo arruolamento forzato, in queste vallate, questo è l’altro aspetto dello spopolamento dell’entroterra
Famiglie numerose premiate perché prolifiche, che fornivano carne viva alla Patria
Carne ritornata a brandelli dentro una cassa.
Ma almeno c’era una tomba dove mettere un fiore.
Per molte famiglie come quelle dei deportati resto’ solo un nome e qualche foto.
Anche fratelli precettati insieme, per il fronte e mai più ritornati a coltivare o a tagliare della legna in questi posti.
A loro ricordo, restano queste lapidi nelle piazzette in queste borgate.
Altre lapidi anche nelle città di mare.
Nella nostra città Varazze, invece nessun monumento lapide o targa ricorda i nomi dei nostri 75 concittadini, mandati a morire nella seconda guerra mondiale.
Forse perché non avevano vinto nulla?
O perché si doveva dimenticare un passato e non lasciar tracce di marcette, adunanze, benedizioni e delazioni?
Buona giornata
