
Il 18 maggio del 1820 il giudice del mandamento di Varazze, gia’ incorporato negli stati sardi, spediva al re un’importante memoria che parlava del clima di Varazze capoluogo e cosi lo descriveva.
“Alcuni giardini conservano le loro piante fresche (gli agrumi) immuni dal flagello dell’inverno e senza nessuna precauzione, le piante hanno abbondanza di frutti.
Dalle spalliere si vedono pendere limoni freschi, cosa che non si verifica in nessun paese della Riviera.
Il freddo è maggiore di qualche grado a Celle e a Cogoleto, sebbene questi borghi siano sulla stessa spiaggia di Varazze”
L’elogio prosegue, con la brezza marina di ponente che mitigava le estati mantenendo la temperatura sui 25/26 gradi.
L’altra peculiarità secondo il giudice, erano le piogge equamente divise per stagioni, segue poi una lunga dissertazione sull’utilità delle piante specie quelle sommitali lungo i crinali delle colline per ridurre la forza del vento.
Ma a queste conclusioni erano arrivati qualche secolo prima anche i monaci Cistercensi e Vallombrosiani.
In una stretta valle con abbondanza d’acqua impiantarono i primi opifici azionati dalla forza idraulica.
Mulini per cereali e frantoi per l’olio.
Nei pendii soleggiati costruirono terrazzamenti in quelli piu brulli e aridi vi trasportarono a forza di braccia la terra da coltivare.
Nelle zone più riparate e in quelle ampie naturali terrazze sul mare della Vignetta, Cian du Tunnu, Sciarsciu, Invrea e S.Giacomo crescevano le primizie e Basan-e, Articiocche, Coi, Tumote Gaseolli, Cachi, Setruin, Limuin, Sesce, Briccoccole, Perseghe ecc.
Sconvolsero un territorio primordiale traendone dei benefici economici per le loro abbazie.
Furono erette grandi Peschee per la raccolta delle acque piovane.
Alimentate da grandi opere idrauliche, i Bei che prelevavano le acque dai Rian.
Questi canali interrati e intubati, ancora portano l’acqua per uso irriguo a zone altrimenti brulle e aride.
Grano frutta, verdure e olivi erano coltivati sopra chilometri di fasce, tutte irrigate tramite altrettanti chilometri di solchi, opere idrauliche non meno importanti.
Ma chi percorre un Ciappin de Pria, sosta al cospetto de na Miaggia, o sopra un’antico Beo e si meraviglia di fronte ad un’opera edile o idraulica, non può non pensare a chi ha materialmente messo queste Pria in se Pria, per far sì che noi oggi possiamo godere della vista o trarre ancora dei vantaggi da questi manufatti
Oggi la narrazione storica si ferma a magnificare solo gli ordini monastici, questo o quel signorotto!
Di loro conosciamo le vicende dinastiche o la loro santita’ sono venerati santificati o ammirati.
Ninte si sa o si dice di quella moltitudine di poveri cristi analfabeti e bestie da lavoro, che materialmente fecero diventare importante e produttivo il nostro territorio, strappando terra da coltivare da ripidi pendii.
Costruendo Mascee Crose Munto’ Bei e Peschee
Serve dare dignità storica ad una moltitudine di uomini donne e bambini, che mai ebbero un nome e un volto.
Erano contadini e operai Piccaprie e Massachen che in uno stato di semischiavitu’ edificarono e coltivarono chilometri di Fasce, per un tozzo di pane.
Aspettando la morte come una liberazione dagli stenti e dai patimenti della loro vita terrena con la promessa di un posto in Paradiso.
La foto, tratta dall’archivio fotografico Varagine, è stata scattata nei pressi della località “Vignetta” da dove provenivano le “primissie de Vase “
