Uomini e Stracci

Aprile del 1800 al generale Massena, impegnato con i suoi soldati a respingere, anche con le pietre, gli attacchi all’avamposto, situato sul Monte Croce, non tornavano i conti.

Dov’era Sacqueleu con i suoi uomini?

Perché non era arrivato a dargli manforte?

La risposta la seppe il giorno dopo, quando a Rocca Guardioa, incontrò un gruppo di granatieri che lo condussero all’Arpiscella.

Qui ritrovò il colonnello Sacqueleu.

Massena è in collera, perché l’intera brigata, si era data al saccheggio di quella zona, invece che accorrere in suo aiuto.

Ma che cosa c’era da portar via a quella povera gente?

Al calar del sole, di fronte ai suoi soldati, il colonello venne degradato e ridotto al rango di soldato semplice.

Ogni esercito che ha attraversato il nostro territorio, ha compiuto razzie, saccheggi, ruberie.

Ma ha lasciato anche altre tracce, molto più dolorose.

Gennaio 1801, Istituto Suore Domenicane di Varazze.

La campanella, in alto sopra la porta, suonava quasi tutte le notti, in quei primi giorni di un nuovo anno.

-Un altro?-

Così la badessa, reagì a quel suono, sapendo che un altro fagottino, in una cesta, era stato appena lasciato alla porta del convento.

Un altro morticino, da portare in chiesa pensò.

Tutti sapevano chi erano quei neonati, abbandonati nottetempo davanti alla porta delle Suore Domenicane.

I francesi ad aprile erano sui nostri bricchi per prendere a fucilate gli austro ungarici.

Due eserciti, migliaia di uomini forse ventimila, i francesi feroci, affamati senza regole, avevano saccheggiato, rubato e violentato, non di meno furono capaci i loro avversari in campo, gli austro ungarici.

Dopo nove mesi, finita la gestazione, uno dopo l’altro, ecco il frutto di quegli stupri, tanti fagottini abbandonati davanti al convento.

Avvolti negli stracci, da dove a stento fuoriusciva un vagito, molti altri solo corpicini senza vita.

E chissà quanti saranno stati gettati in mare, in Teiro o sotterrati.

Gennaio 1801, entroterra di Varazze

Era iniziato un nuovo anno, le alture di Varazze erano da giorni imbiancate da un discreto strato di neve.

Il Natale era da poco passato ma nessuno lo aveva festeggiato

Lei era la levatrice, chiamata per assistere le partorienti.

Quanto lavoro in quel mese di gennaio!

Non faceva domande sulla sorte di quelle creature, che uscivano dal ventre di quelle povere disgraziate

Conosceva sulla sua pelle le tragedie che si stavano consumando, in tante famiglie

Quel giorno c’era un pò del suo sangue, in quel fagottino che aveva sotto al pastrano

Anche quello concepito con violenza sopra una povera ragazzina.

Sua figlia.

Si erano avventati su quella giovane donna, come un branco di lupi.

Per giorni, quella povera ragazza non fece ritorno a casa.

Fu lei sua madre, che la ritrovò nascosta in una cascina.

Lo sguardo perso nel vuoto, le mani tremanti, stringevano una pezzo di carta sgualcita.

Stava lì nascosta in quel rudere da chissà quanti giorni, le gambe chiuse bloccate, tanto che fu necessario sollevarla di peso per portarla casa.

Un triste destino l’aspettava

Un tempo le ragazze madri, erano tutte egualmente emarginate, anche se diventate mamme, per colpa di uno stupro.

Una società bigotta, chiusa non aveva per loro nessuna pietà.

Giovani vite compromesse per sempre, nessuno avrebbe portato all’altare una di “quelle” per non usare un altro termine dialettale.

E così quei figli non voluti a prescindere dalla causa, erano destinati all’orfanotrofio, ma molti furono soppressi alla nascita.

Gennaio 1801 Istituto Suore Domenicane di Varazze.

La levatrice bussò forte alla porta del convento.

La conoscevano e la fecero entrare, con quel tenero fagottino.

Si accordò, con le suore, per una retta di mantenimento.

Ogni mese avrebbe consegnato la somma pattuita e fatto visita al bambino.

Diede loro una busta chiusa, dove aveva messo quel pezzo di carta, che era poi una strana cartina topografica, piena di segni e numeri, insieme ad una commovente lettera della figlia, in cui spiegava chi era quel neonato e perché lo aveva abbandonato, dentro un borsino quattro monete d’oro e un anello.

La borsa è il suo contenuto dovevano accompagnare il bambino, in caso di adozione o di trasferimento ed essere aperta solo al raggiungimento della sua maggiore età.

Due secoli dopo

Con il tempo le dicerie di paese si mischiarono con la realtà, i fatti che accaddero furono tanti e di quei fagottini di stracci se ne perse memoria.

Arrivò un secolo nuovo con altre guerre molto più spaventose a cancellare e a imprimere altre ferite

Passò un’altro secolo, una nuova storia fu svelata da alcuni studiosi, emerite persone, che dagli archivi ci forniscono nuova memoria da conservare

Ritrovarono una vecchia lettera del 1800, in cui una mamma parlava ad un figlio che aveva abbandonato davanti ad un convento.

Il testo della lettera, racconta di un tragico fatto di cronaca, purtroppo comune a tante ragazze e donne

-Lui era poco più che un ragazzo, fu lasciato a far la guardia fuori dalla cascina.

Teneva le mani sulle orecchie per non sentire le urla di quella ragazzina.

Passò un tempo che gli sembrò lunghissimo.

Gli dissero, ridacchiando che ora toccava a lui divertirsi e lo spinsero dentro.

Al buio vide solo che c’erano degli stracci in un angolo.

Era lei che singhiozzava

Quando lo vide si mise a urlare

Lui la rassicurò ponendo il dito sulle labbra, a dire di far silenzio.

Le mise quel pezzo di carta in mano, sopra era segnato dove lui aveva sotterrato quelle cose, monete e preziosi che aveva razziato da quando era iniziata la Seconda Campagna d’Italia.

Prima di allontanarsi le fece una carezza su quel volto senza più lacrime.

Lei lo vide andar, via senza voltarsi

Anche lui era fatto di stracci-

Francesco Baggetti

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