U Garsunettu

Da rivalutare, a mio parere nel mondo del lavoro, il ruolo molto importante dell’aiutante.

Impossibile, anche per il miglior professionista non avere l’apporto di uno o più aiutanti, per effettuare il lavoro, nei tempi prestabiliti, senza tribolare o bestemmiare.

Giovani alle prime armi

come ero io nel 1975, assunto nell’Ediliza Cristoforo Colombo di Cogoleto, in regola e con uno stipendio regolare a fine mese, comprensivo di straordinario, cassa edile ecc.

L’equivalente oggi del tirocinante, o peggio dello stagista, spesso sottopagati, senza diritti o addirittura costretti a lavorare quasi a gratis.

Nei cantieri edili, il giovane nuovo assunto, era u Boccia, nelle officine u Garsunettu.

Molto spesso vessati dal mastro o dal capo, ma non dai colleghi.

Vigeva ancora la gelosia lavorativa e il nuovo arrivato era allontanato al momento giusto, per non carpire i segreti del mestiere.

Gli aiutanti giovani e intraprendenti, portavano un po di vivacità, qualche idea nuova o innovazione tecnica. Sempre bocciate perche vigeva il detto – Emmu fetu sempre cusci!’

Il mio primo giorno di lavoro, lo ricordo bene.

Assunto come operaio meccanico, mi presentai dal capo cantiere, il quale vedendo il mio aspetto giovanile, mi disse

– Mia che nu semmu all’asilu!-

Era un capo e stava recitando la parte del duro.

Ma in generale fui ben accolto, in quel piccolo gruppo di colleghi.

Lavoravo nell’officina meccanica, dove c’era Luigin Damonte di Arenzano.

Da lui imparai i rudimenti del mestiere.

Fu una fortuna per me avere un maestro come lui.

Siamo rimasti buoni amici e periodicamente, gli faccio visita nella sua Terrarossa

Mi affidarono qualche lavoretto in autonomia.

Un giorno, stavo smontando il motorino di avviamento di un camion, io in cabina a togliere l’ultimo bullone, l’autista sotto al motore per sostenere il motorino, ma lo spazio dell’abitacolo del Fiat 693 era molto ridotto, con il motore posto al centro della cabina e il sedile, ci stavo stretto e così sdraiato in modo sgraziato, per estrarre l’ultima vite, senza volerlo, azionai il pulsante della tromba pneumatica, posizionata vicino ai pedali. Nonostante i decibel che riusciva ad emettere quella tromba, stranamente udii in quel preciso istante come un colpo sordo.

Capii che cosa era successo, quando vidi uscire da sotto al camion, imprecando, l’autista che si premeva la testa.

L’improvviso forte suono aveva provocato in lui, un movimento incontrollato, facendogli sbattere la testa, contro il motore.

Mi chiusi in cabina, scongiurando una probabile aggressione e scusandomi dell’accaduto.

Un lavoro pesante era smontare le ruote e sostituire i pneumatici dei camion.

Il cerchio era diviso in tre.

Per smontarlo occorreva un’apposita leva, estratto il cerchio bisognava recuperare la camera d’aria e la fascia in gomma.

Particolare attenzione bisognava prestare invece con le ruote chiuse da un anello elastico, se non era ben messo, poteva saltare fuori durante il gonfiaggio con possibili gravi conseguenze, a questo scopo, sulla pistola per il gonfiaggio era applicato un fermo e si poteva controllare in sicurezza da lontano questa operazione.

Non avevo un abbigliamento adatto, per effettuare questi lavori e poca attitudine ad evitare lo sporco e cosi riuscivo a restare abbastanza lindo, solo nella giornata di lunedì, ma già il giorno dopo, grasso e olio facevano bella mostra su di me.

Cun e man neigre de unciumme.

Un giorno mi giocai la pelle.

All’interno delle autobotti di trasporto del cemento, c’era una coclea che serviva per mescolare e mantenere in movimento il calcestruzzo, invertendo la rotazione la coclea, permetteva la fuoriuscita del calcestruzzo.

Le lamiere però erano soggette all’usura, dall’azione erosiva degli inerti, allora si interveniva all’interno della botte, entrando dall’apposito passo d’uomo, per effettuare le dovute riparazioni posizionando parti di lamiere nuove o per ripristinare le saldature.

A seguito dell’avanzamento del lavoro, era necessario uscire, far girare la botte, quindi rientrare, effettuare nuove saldature, poi nuovamente uscire, avviare il motore di rotazione e così via.

Mi venne una brillante idea! Dissi all’autista, che sarei rimasto all’interno anche quando ruotava la botte.

Fu una pessima idea!

Lo strattone che diede la frizione, quando iniziò la rotazione, mi fece perdere l’equilibrio, andai a sbattere contro la coclea e per mia fortuna, l’autista udite le mie grida, fermò spaventato il motore.

Esistevano le norme antinfortunistiche, ma quasi sempre disapplicate, men che meno si usavano i presidi personali di protezione, guanti scarponi, casco, mascherine ecc.

Era pero’ un mondo meno frenetico e complicato di oggi, l’anziano, magari era geloso del suo lavoro, ma prodigo di consigli verso un giovane, non solo come fare ad evitare degli infortuni, ma in generale per come fare nella vita.

Come un vecchio amico a cui chiedere quei consigli, taciuti in famiglia per tabù

Il comparto edile, ancora oggi è dove avvengono purtroppo la maggior parte delle morti sul lavoro.

Le cosidette, chissà perche’, Morti Bianche, sono la più grande Vergogna d’Italia con 80 morti sul lavoro ogni mese!

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