
Nell’introduzione al suo primo album del 1967 Francesco Guccini recita:
– Era molto bello leggere Kerouac in italiano, con i nomi in americano come: quella sera partimmo John, Dean ed io sulla vecchia Pontiac del ’55 del babbo di Dean e facemmo tutta una tirata da Omaha a Tucson.-
Guccini continua dicendo che gli americani ci fregano con la loro lingua, perché tradotta in italiano la frase diventa
– Quella sera partimmo con la vecchia 1100 del papà di Giuseppe e facemmo tutta una tirata da Piumazzo a S.Anna Pelago.-
E non è la stessa cosa!
Oppure.
Quella sera partimmo io Giorgio e Giuseppe con la mia vecchia 500 e facemmo tutta una tirata da Varazze a Cairo!
Nell’Italia anni 70 si facevano “lunghi viaggi” serali, in direzione dei blasonati locali da ballo dell’entroterra in primis il Palladium ad Acqui Terme e La Perla a Cairo Montenotte.
Faceva freddo all’interno di quelle scatolette, che avevano motorizzato l’Italia.
Si doveva riscaldare l’abitacolo con l’aria di raffreddamento del motore.
La puzza d’olio misto a fumo era proporzionale allo sforzo di quella macchinina che arrancava per risalire l’Appennino
La pioggia a livello del mare lungo la statale per Cadibona diventava nevischio.
L’odore di bruciato si mischiava al fumo delle sigarette, all’interno di quella scatoletta, si era costretti ad aprire i finestrini….era come andare in moto!
Era il periodo d’oro del ballo liscio, la gente anche se non viveva nell’agiatezza era molto piu spensierata i locali da ballo crescevono come funghi.
Io e i miei amici padroni delle tecniche di danza eravamo come tutti i giovanotti anni 70 non interessati ai volteggi in pista ma a conquistare il cuore e le grazie delle ragazze….ma anche viceversa andava bene
La maestra di quel corso di ballo, che stavamo frequentando a Savona, in una sala da pranzo, privata dei mobili, si era alquanto stupita di noi:
-Non siete mai stati alla Perla?E’ il tempio del ballo!-
E così quella sera partimmo io Giorgio e Giuseppe…..
Passammo minuti interminabili a quelle sbarre del passaggio a livello, ma tutte quelle auto, parcheggiate ai lati della strada, dicevano che eravamo quasi arrivati al Dancing La Perla.
Sembrava che tutta la Val Bormida quel sabato sera fosse convenuta a Cairo.
Trovammo un parcheggio lontanissimo.
L’abbigliamento doveva essere rigorosamente giubbotto di pelle, jeans e stivaletti
Magri come chiodi con il freddo nelle ossa
Giorgio non so dove, aveva trovato un paio di stivaletti, a quei tempi tanto di moda, con due tacchi esagerati, ed era in difficoltà con tutti quei buchi della strada.
La Perla era la cattedrale del ballo anni 70/80.
Nei seminterrati dello stesso edificio, anche una sala per balli moderni e la discoteca, ambiente ostico specie per noi della riviera c’era sempre chi controllava gli accessi e le facce nuove non erano gradite, spesso le risse finivano sul giornale.
Eravamo pronti alle evoluzioni, in quella grande sala, un specie di anfiteatro a forma di semicerchio dove dai tavolini ragazze in età da fidanzato, stavano tra mamma e papà, scrutando possibili pseudo spasimanti.
Ma non era facile agganciare una ballerina, la diffidenza verso il foresto era tipica di questi locali.
-E se poi è uno che non è capace di ballare e mi fa fare delle brutte figure? Meglio di no!-
Difficile farle ballare, figuriamoci avere il resto, cuore e grazie di quelle ragazze!
Dopo un paio d’ore solo Giuseppe fece qualche ballo, con una donna di svariati anni più adulta.
Giorgio come al solito aveva una marcia in più, ogni volta puntava in alto e anche quella sera ballò con la più bella del reame.
Io cambiai dama due o tre volte o meglio furono loro che dopo il primo ballo, non mi concedettero il bis.
Una serata scialba, con poco da raccontare.
Smisero di suonare le melodie di valzer e mazurke e tango e ci fu una serie di rock and roll.
Belin il twist!
Io e Giorgio riscattammo quella grigia serata!
E un po’ come si vede alla tv, facemmo il vuoto intorno a noi, alcuni si fermarono a guardarci e noi incoraggiati da quei spettatori, ci esibimmo in diversi numeri provati tante volte in altre sale da ballo.
Il numero che meglio ci riusciva era anche quello più spettacolare.
Consisteva nel piegarsi a far battere le ginocchia a terra arcuarsi con la schiena e con un balzo tirarsi su.
Bene la prima parte, scendemmo coordinati nei movimenti, uno di fronte all’altro con le ginocchia a terra restammo in quella posizione per qualche secondo la gente intorno a noi aveva iniziato a far qualche apprezzamento.
Poi solita occhiata d’intesa e insieme op! saltello e in piedi!
Lo sguardo d’intesa con Giorgio ci fu e io saltai in piedi…
Ma Giorgio era rimasto con le ginocchia sul pavimento.
Aveva lo sguardo verso gli stivaletti.
Quei tacchi esageratamente alti si erano staccati per lo sforzo e giacevano a poca distanza dai suoi piedi!
Io non ricordo bene ma penso che la gente intorno si sbellicò dalle risate.
Io e Giorgio, con quei due tacchi in mano, ci dirigemmo verso un divanetto.
Sentimmo addosso gli sguardi e gli ammiccamenti di chi aveva assistito alla scena.
Che fare?
Ricordai di avere sulla 500 un rotolo di nastro isolante.
Fissammo i tacchi alla belle e meglio, con quel nastro e ritornammo nel locale da ballo
.
Ma ad ogni passo le scarpe oscillavano paurosamente e Giorgio doveva far miracoli di equilibrio per restare in piedi.
Quella sera le risate si sprecarono stretti in quell’abitacolo, noi tre a rivivere quella scena lo sguardo smarrito di Giorgio e quei due tacchi staccati!
Quella scena negli anni fu raccontata chissà quante volte!
Sulla via del ritorno c’era un piccolo strato di neve sulla strada.
Fini così quella lontana seianna e come eravamo soliti fare, anche per tenerci svegli, cantammo stonando qualche canzone dentro quella scatoletta.
Questo è uno dei tanti e bei ricordi che mi hai lasciato Giorgio, grande sfortunato amico mio insieme negli anni più belli della mia vita.
Nella foto John Martin su BSA…..gli americani ci fregano con la loro lingua
