
Dedicato a un amico che non ho più
Dovevi combattere con uno spietato nemico che era dentro di te, quella esagerata timidezza, che ti procurava insicurezza e sensi di colpa.
Sentivi arrivare la vampata che
avrebbe arrossato le tue guance
Sapevi cosa fare.
Chiuderti nel cesso
Non dovevi restare lì.
Non in mezzo a loro.
In quell’officina
Eri una preda troppo facile.
Troppo fragile per reagire.
In quel mondo di uomini
Doveva passare ancora tanto tempo, prima che tu riuscissi a farti scivolare le cose addosso.
E chissà se mai saresti riuscito a non arrossire più ogni volta che qualcuno ti rivolgeva la parola.
L’ infinita età dei giochi era terminata.
Ora era l’adolescenza, l’età di mezzo, quando non si è nè carne nè pesce.
L’età balorda.
Finito l’avviamento subito a imparare un mestiere
In casa erano grida e botte ogni giorno, non c’era dialogo tra due generazioni così diverse.
I figli con strane idee per la testa erano da prendere a calci in culo.
Solo i nonni ti prestavano delle attenzioni, ma quelli vivevano lontani e da loro si andava solo nelle feste comandate
Il sesso era tabù in casa nulla trapelava del segreto dei segreti.
Il concepimento.
Per queste cose c’era sempre un amico o un cugino più furbo a svelar il segreto della vita.
Da un giorno all’altro ora non più ingenui ragazzini.
E le donne non più solo mamme, sorelle o nonne.
Lei era già madre di due bambini.
Vi aveva visti crescere in quella zona della città, dove le case lasciavano il posto al verde dei boschi.
Sapeva perché i vostri sguardi erano cambiati.
Sguardi fugaci alle sue forme femminili
Sapeva di essere al centro delle vostre fantasie
Si divertiva a vedervi nascosti nel boschetto.
Sapeva cosa facevate mentre lei era sul terrazzo
La vostra perduta ingenuità, fu l’ultimo tuo ricordo, di quell’età spensierata.
Subito dopo, quei tuoi quattro amici, andarono nella grande città.
Eri da solo ad affrontare quell’età balorda.
In quella periferia polverosa e deserta.
Oggi si è soliti dire che erano bei tempi quelli della nostra gioventù.
Ma non era proprio così.
Non si dava peso al disagio giovanile.
E a quella tua esagerata timidezza.
Si rispondeva con il “Si farà furbo!”
Anche la tua famiglia cedette alle lusinghe della città
La c’era tutto, lavoro e divertimento.
Ma tanta solitudine se arrivi dalla campagna e poi puzzi di officina.
Se anche l’aspetto fisico dice che sei timido
Con quella faccia da bambino impaurito, rossa ad ogni sguardo.
Si divertivano con te, anche con scherzi pesanti
Rafforzava l’ego dei tuoi carnefici.
Tu ogni volta a cercare di uscire da quel tunnel.
Era facile evitare di fare il militare bastava corrompere una persona.
Il cugino furbo lo fece e si vantava.
Tu no eri un soldatino d’Italia negli anni 70.
“Occhi di bosco soldato del regno profilo francese” cantava De André
Eri una preda facile, troppo fragile.
Per chi abuso’ di te in quell’anno con le stellette
Per chi sapeva come far nuovi clienti.
Per queste cose c’era sempre uno a dire che provare non costava nulla.
Conoscesti così quel paradiso artificiale.
E poi non eri il solo a farti, in quell’esercito di leva.
Fini’ quell’anno con le stellette.
Ti dissero; “Ma il militare non ti è servito a niente!”
Arrivò quella vampata ad arrossire le tue guance.
“Sei sempre il solito bambino”
Così si condanna un uomo per sempre.
I buchi te li faceva uno come te.
In quelle braccia nere di quella merda.
Ma era bello sognare a occhi aperti
Stavi bene con te stesso.
Era sempre lo stesso volo pindarico ad ogni dose, con gli infiniti giochi e quella perduta ingenuità.
La vita altre cose belle, non ti avrebbe dato.
Tanti come te, giovanissimi non ci sono più.
Entrati in un tunnel senza uscita.
Francesco Baggetti
