
Sarebbe bastato chiedere il parere ad una persona anziana e quella testa bianca, magari con una risposta molto colorita, avrebbe espresso il suo parere!
Ma nessuno ascolta più i vecchi.
Hanno quella cosa noiosa, che si chiama memoria.
Se ne poteva fare a meno del ritorno del lupo nei nostri boschi.
Ora non teme più la presenza dell’uomo.
E si sta avvicinano alle abitazioni.
Qualcuno gli darà del cibo.
Ritornerà a cercare un uomo per aver qualcosa da mettere nella pancia.
E un lupo affamato in un modo o nell’altro l’avrà
Ritorniamo indietro di qualche secolo.
Il Muntadò è quel bricco che sovrasta la Costa di Casanova, uno dei luoghi della nostra città più ricchi di storia.
Alle sue pendici è nato e sorge la chiesa del Beato Jacopo.
Qui la via Bianca l’ex via romana, con un’ampia curva scavata nei metagabbri e ofioliti del Muntadò, scende di quota, prima della vertiginosa ininterrotta discesa verso il centro citta.
Sulla vetta, i residui di una postazione antiaerea della seconda guerra mondiale.
E il solito misterioso Muggiu de Prie, uno dei tanti presenti sui Bricchi che circondano Varazze.
Il Muntadò, Cruscea de Vie.
In antichità, questa altura era un naturale punto di osservazione e una porta di accesso alla vallata del Teiro.
Dove erano i primi insediamenti umani, residenziali e manifatturieri.
E’ probabile, che sul Muntadò nel periodo tardo romano/ medievale vi fosse un presidio armato, in contatto visivo con un altro fortilizio quello del Bricco della Forca da e Prie de Lima.
Altro punto nevralgico del sistema difensivo della Valle Teiro.
Il Muntadò naturale punto di osservazione per uomini e animali…..
Dove un giorno era appostato, nascosto alla vista un lupo solitario.
Da qualche ora quel temibile carnivoro, stava osservando quel gregge di pecore.
Aveva individuato la sua possibile preda, era quella più indifesa e senz’altro meno veloce a scappare…una bambina.
Era una di quelle bambine e bambini, che già a 6/7anni, facevano parte, dell’economia delle famiglie contadine.
Essere mandati a pascolar delle pecore, era senza dubbio, il lavoro meno ingrato che poteva capitare.
Mario Damele, ha riportato alla luce, un triste fatto accaduto proprio sul Muntadò conservato nell’Archivio di Stato di Savona.
I Lupi a Casanova di Mario Damele
Un triste Venerdì 22 Febbraio 1650 si sentirono echeggiare per tutta Casanova alta, a Montedolo le urla disperate di Maria Damele, una ragazzina di tredici anni, che mentre stava pascolando le pecore dei suoi familiari insieme a sua cugina Franceschetta Damele di dieci anni, furono assalite da un lupo, che addentò alla
gola la detta Franceschetta, trascinandola verso il bosco.
Maria chiamò disperatamente aiuto e la sentì lo zio Luca
Guastavino, che accorse subito ma non riuscì a spaventare il lupo che non mollava la preda.
Intervennero anche il padre di Maria, Andrea Damele e il cugino Giovanni Damele, padre di Franceschetta.
il lupo scappò e lasciò la povera Franceschetta, che però era morta.
Maria Damele figlia di Andrea fu Luca raccontò cosa era successo:
“”Essendo ieri qui in luogo detto Montedò che guardavo delle pecore di compagnia di Franceschetta figlia di Giovanni Damele fu Pietro di Lazzarino ci disse che andassimo a vedere così dall’alto se il lupo avesse preso delle pecore, montassimo sopra un monticello e subito vedemmo il detto lupo.
Io dissi alla detta Franceschetta andiamo via che il lupo viene alla nostra volta.
Ci posimo in fuga ma il lupo corse e prese detta Franceschetta per i denti e se la pose sotto la pancia e la morse subito nella gola e l’ammazzo.
Io mi posi a gridare e chiamai il barba Luca dicendole che ci aiuti. Il detto barba Luca corse e ce la fece lasciare, ma il lupo prima di lasciare detta figlia la trascinò due o tre volte e non la voleva mai lasciare.
Il racconto di Luca Guastavino fu Tomaso (anni 50) zio di Maria:
“”Ieri essendo in una villa detta Montadò di Casanova sentii gridare una figlietta di Andrea Damele che mi disse barba Luca il lupo ha preso Chica volendo dire detta Franceschetta, corsi subito ad aiutare detta figlietta e vidi che il lupo aveva detta Franceschetta sotto la pancia che l’addentava. Le gridai per fargliela lasciare e se non vi venivano delle altre persone non gliela potevo far lasciare.
Questo non è un racconto fantasioso, una storiella ! E’ la trascrizione di un atto ufficiale, registrato sui registri e filze della curia criminale di Varazze (equivalente all’attuale tribunale penale). Atti conservati all’archivio di stato di Savona.
Con questo racconto ho voluto ricordare Mario Damele, chissà che cosa avrebbe detto sull’argomento lupi, questo nostro compianto grande concittadino, una grave perdita per la nostra comunita.
Non finiremo mai di ringraziarlo per le sue opere, ricerche, scritti che ci ha lasciato da cui traspare tutta la sua appartenenza e amore per la nostra terra.
Dovevamo prenderci un caffè, avevo tante cose da chiederti.
Ciao Mario
