
Chi conosce Giovanni Cerruti, u Saturnin,
conoscerà anche alcune sue frasi caratteristiche del tipo.
“ Te devu fate vedde na bella cosa”
E così un giorno mi telefona e mi dice
“ Martini se ti vegni a S.Peo te fassu vedde na bella cosa”
Io che sono un curiosone.
Mi precipito, in un pomeriggio di fine novembre a SanPeo.
In casa sua, Saturnin, sul tavolo da pranzo aveva già pronti tre raccoglitori.
“Sun miga tutti quei foggi e quelle fotu de Cascine spanteghè in te cascette, che eivu vistu tempu fa in ta to officina?”.
“Sci Martini e Cascine ghe sun tutte e semmu prunti per fo u libbru.
L’ho ditu a ti, perchè te cumme mi, serchemmu quellu che n’han lasciò i nostri vegi, primma che diventan Muggi de Prie!”
E cosi dicendo, apre quei fascicoli e rivedo ben ordinati
gli appunti,
fogli stampati,
promemoria scritti a mano,
e tutte quelle foto!
Saturnin dice che sono trecento.
Ma saranno anche di più!
La passione di scrivere la storia del nostro entroterra, è stata trasmessa a Giovanni, dai racconti del padre, che per tanti anni era a tagliar legna nei boschi sul Beigua.
Aiutato nel suo faticoso lavoro, dai famosi bo Cabanin.
Che a detta di molti, sono animali intelligenti, privi solo del dono della parola.
Saturnin è nato in questa borgata de San Peo
I suoi ricordi, dei giochi da ragazzo, si intrecciano con la vita di quelle persone, che da questa terra, traevano il sostentamento per tiò sciu de nie de figgi.
Personaggi, riti religiosi, anche superstizioni, che facevano parte di un mondo che non esiste più.
Sfoglio quella che è una prima bozza del libro
Con tutte quelle foto de Cascine, Seccou, Trunee, Cabanin.
Edificati da chi doveva stare qualche mese in montagna,
per la fienagione,
il pascolo,
a tagliar legna
o a da recattu a na Carbunea
La Trunea deriva da trun, era una costruzione in pietra, dove ci si riparava ai primi tuoni, di un imminente temporale estivo.
Nel folto dei boschi o nelle zone prative, capita di vedere dei cumuli di pietre, alti circa un metro,
sun e Pose.
Dicasi posatoi, in quella lingua straniera che è l’italiano.
Dove chi camallava, poteva scaricare il peso che aveva sulle spalle.
Fieno imballato nei Tapei o in te Belainin-e.
Per poi proseguire a raggiungere una strada, dove aspettava una Lesa
O scendere ancora, fino ad arrivare in prossimità di una stalla, dove c’era na Barca du Fen
Ma nei Cabanin e nei Seccou ci si fermava anche per passare la notte,
pe Posa’ e Osse, dopo una lunga giornata di lavoro.
Saturnin mi racconta dell’emozione provata, quando a colpi de Marassu è riuscito a riscoprire alcuni di questi manufatti.
Abbandonati, dimenticati da tutti.
Fagocitati dai vegetali e destinati a sicuro oblio.
Nel libro “ Le Cascine del Beigua” ci sono cose, molto preziose.
L’elenco di un’altra meticolosa e precisa ricerca effettuata da Giovanni.
Sono tutti i nomi dei proprietari o di chi ha costruito i tanti manufatti in pietra, presenti in questo angolo di mondo.
Ognuno con la sua storia e qualche aneddoto, citato nel libro.
Nomi e soprannomi, delle persone che hanno legato la loro vita, grama, di sudore e fatica, a questo angolo di mondo
Il libro contiene anche alcune mappe, con i toponomi delle varie zone, dove insistono questi manufatti.
Un altro grande patrimonio del nostro entroterra che non deve andar perduto!
PisciaCrava…..Cumbotti……hotel Pidocchi….Rocca da Nusce ( la noce è l’albero delle streghe) Varpaia……..Vasce’…..Sigaa, (cicala)….Briccu du Ventu….a Caminaggia….pra da Turta….rocca da Pigugiusa
Saturnin mi racconta di quel giorno quando un improvviso acquazzone lo sorprese all’aperto,
e fu costretto a rifugiarsi in uno di quei ripari da un almeno un secolo abbandonato.
Ma ancora capace di offrire una buona protezione
Un’altra emozione quando riuscì ad intravvedere inglobata nella vegetazione quella antichissima costruzione di forma circolare, con grandi Ciappe de Pria molto somigliante a un Nuraghe.
Il progetto di fare un libro, sulle Cascine del Beigua è nato molti anni fa dall’altra parte dell’Oceano.
A Santa Rosa in California
Nel 1999
Quando Saturnin era ospite in casa di Neitu Ghigliazza.
Questi due amici, parlarono di tante cose:
delle persone rimaste nel paese,
dei figli,
della vita grama dei loro vecchi,
di chi per cercar una vita migliore aveva attraversato l’Oceano,
di quelle Cascine, Seccou, Cabanin.
Chissà se tutte quelle costruzioni in pietra e fango erano ancora in piedi?
O diventate dei Muggi de Pria
E così nelle serate là in America, iniziarono a scrivere, i loro ricordi, su un quaderno blu.
Con tutti quegli appunti, promemoria e mappe per poter ritrovare quelle Cascine, quel quaderno divenne un documento prezioso
Seguendo gli appunti su quei fogli di carta, Saturnin, al suo rientro in Italia, iniziò la sua ricerca.
Durata tanti anni.
Era una promessa fatta ad amico dall’altra parte dell’Oceano.
Che è stata onorata da Saturnin,
con la stampa di “Le Cascine del Beigua”
Questo libro è una grande opera di divulgazione e valorizzazione del nostro territorio.
Un’elenco accurato con i nomi e la storia di tutti i manufatti presenti in quell’ampio bellissimo territorio verde, con l’azzurro del cielo e del mare.
Suvia e Faje, sutta au Sciguellu, fino ad arrivare alle mura del Deserto.
Terra strappata alla grande montagna,
per coltivare,
raccogliere e far seccare le castagne,
grandi zone prative, bonificate dalle pietre per la fienagione,
pascoli,
foreste dove far legna d’ardere,
per il carbone
tavolame per gli onnivori cantieri navali della città.
Le generazioni che ci hanno preceduto su questo angolo di terra, traevano dalla nostra montagna tutto il sostentamento necessario per migliaia di bocche da sfamare
e fornirono un grande aiuto alimentare alla città di Varazze, durante la seconda guerra mondiale.
Nelle Cascine del Beigua trovarono rifugio i partigiani e i molti renitenti di leva
A questo punto vorrei citare una frase di Paolo Cognetti
Servono esploratori che esaurite le terre sconosciute, vadano a cercare in quelle dimenticate, tornino ai luoghi che l’uomo abitava e ora non più.
Un paese fantasma, una fabbrica abbandonata.
Che cosa c’era lì, dove tutti sono andati via?”
Un amore che nessuno si ricorda”.
Servono libri che mettano in salvo quell’amore
Serviva una pubblicazione scritta, che mettesse in salvo la memoria
di milioni di pietre impilè cun un po de pata e na man d’ommu
U Giamin di nostri Vegi
Grazie Saturnin.
Vorrei aggiungere una mia personale considerazione
Sono numerose le pubblicazioni di storia che parlano della nostra Città.
Tutte esaltano e ci raccontano la vita dei Santi, o del potente di turno.
Nessuno ha mai parlato dei Poveri Cristi.
Quelli che per un tozzo di pane o un posto in paradiso hanno vissuto e popolato la nostra città e i nostri Bricchi.
Vite di stenti, di lavoro e di grandi fatiche
Questo libro ha il pregio, per la prima volta,
di dare un nome e di raccontare la storia di quelle persone.
Grazie Saturnin!
