
Sono stato un bambino fortunato.
Avevo una scatola di soldatini e una montagnola di terra
Un cumulo di sabbia e le macchinine d’alluminio.
Dove giocavo tutto il giorno.
E quando pioveva
O tirava il vento che arrivava alle mie ossa con poca carne
Non stavo dietro a un vetro
C’erano i ricci della falegnameria
Ci saltavo dentro
Prima regola chiudere gli occhi
Poi sputare quelle briciole di legno.
Una mattina d’inverno arrivarono facce nuove.
Erano tre amici per perdersi nei boschi
O per giocare in un fiume.
Che poi d’estate asciugava del tutto.
Infestato da ogni tipo di insetto.
Le ortiche e i rovi a graffiarci le gambe nude.
Nel bosco le cicale si zittivano
Quando inseguivamo gli indiani
Le scivolate nell’erba nei prati.
Le ginocchia sempre sbucciate
In quel quadrato di terra, pietre e polvere.
Delimitato con i ricci di legno.
L’ombelico del nostro mondo
Dove ogni giorno e per tanto tempo e per qualche anno.
A inseguire un pallone.
Passala!, tira! goool!.
Via Montegrappa un confine immaginario tra bosco, fiume e case.
Di questo spicchio di terra conosco ogni cosa.
E ogni cosa mi appartiene.
Altre non ritorneranno
Come le persone che conoscevo e salutavo.
Anche da lontano
Che hanno finito di faticare in questo mondo.
Una stretta di mano come
facevano i grandi
E andarono via anche gli amici.
Compagni di infiniti giochi
In un’altra parte della città.
Dissero che sarebbero ritornati.
A giocare ancora con me
Ma non lo fecero mai
Smisi di aspettare
Tirai il pallone più lontano che potevo
Sara’ ancora lì
Arrivarono lunghi pomeriggi.
A non saper che cosa fare.
Sempre e solo lunghi giri con la bicicletta
Il vento acqua e il tempo cancellarono le righe di ricci
Di quel campo di terra, pietre e polvere.
Ma sono stato un bambino fortunato
Passala! Tira! Goool!
