
Resta sempre qualcosa di umano negli oggetti che abbiamo usato e che poi marsi de ruse, vengono smaltiti come rottame ferroso, u frecciamme e destinati al loro annichilimento in un forno.
E careghe, chissà quante parole quante balle sparate da qualche cuntamusse nelle sere d’estate su una terrazza o a prendere il fresco in un giardino.
Ascoltate da chi ci stava seduto sopra, magari in un bar o un’osteria e le parole esagerate e le risate erano la normale conseguenza di quello che si beveva e di quello che si raccontava.
E quella carretta da massachen ancora capace de purto’ u pastun de casin-a preparata e trasportata da u boccia pe u baccan che era su un ponteggio a intonacare.
E chissà quanta storia è passata in sella a quelle bici da adulti oggi marse da ruse, magari usate per gli spostamenti cittadini o per recarsi al lavoro, quando a Varazze esisteva ed era pane per tutti, cantieri, cotonificio conceria e tante altre manifatture.
Puo’ darsi anche qualche giro domenicale, in direzione de San-a, raggiunta superando l’unica salita con una bella rincorsa per superare le Colonie Bergamasche.
Verso Cogoleto, invece era quasi proibitivo, troppo impegnativa la salita d’Invrea e u chin-a e munta’ du Spurtigio’.
Anche sciu da Teiro, con la bici senza cambio di velocità era ardua cosa.
Ma chi abitava oltre il Giovo con i vent’anni nelle gambe e costretto per lavoro a “vegni’ a Vase” lo faceva almeno due volte la settimana.
Come mio papà che lavorava dau Milanin e conosceva bene, quella strada, ancora non asfaltata, piena di buche pronta a trasformarsi in un pantano a seguito di una pioggia.
Ma questo non li fermava e con altri amici e colleghi, affrontavano i tremendi tornanti di Zui, non di rado facendosi trainare dai camion che transitavano da lì in direzione della pianura padana.
Papà mi raccontava anche di qualcheduno attrezzato con tanto di gancio per arpionare il paraurti delle auto e gli autisti i proprietari dei mezzi sempre ben disposti per alleviare la fatica di quei zuenotti.
Altri tempi…. non esisteva la frenesia moderna e c’era il tutto il tempo di rallentare un po’ il mezzo e lasciarsi “abbordare” da quei giovani scalatori e magari scambiar due parole con loro prima della discesa in direzione di casa.
Mio papà mi raccontò di una fatto a lui capitato.
Nello zaino che portava sulle spalle durante un viaggio verso Vase insieme ad altre cose, trasportava anche un bel pacco d’uova prodotte dalle ruspanti galline del sasselese.
Sfortunatamente, una caduta con la bici appena passato l’abitato di S.Giustina, provocò la rottura delle uova.
Oggi quelle uova spappolate sarebbero destinate all’umido e li gettate, insieme a qualche imprecazione.
Ma erano proprio altri tempi e quella poltiglia liberata dai pezzi di guscio diventò una bella frittata, cotta grazie alla gentile disponibilità di una donna del luogo e divenne la cena che consumò mio papà quella sera.
