
Lo scorso anno a Sagra du Cundiggiun, la frazione Pero fu dileggiata perché aveva fatto friggere i totani.
I totani del Teiro!
Dissero i nostri beneamati menabelin de Vase!
Un pò di ragione però c’era…
Può essere che la rocca che sovrasta l’abitato dei Busci, in sponda destra del Teiro nei pressi del campo di atletica, ai tempi dei primi insediamenti umani, nel nostro territorio, fosse, alla sua base, lambita dalle onde del mare.
Gli scritti, sulle origini del Castrum Romano del Parasio, menzionano la presenza di grandi basamenti in pietra, un probabile attracco per le navi.
Sepolti ai piedi del lato sud del colle di S.Donato.
E’ giunta fino ai giorni nostri la memoria di robusti anelli in ferro infissi in una roccia.
E’ da supporre quindi, che duemila anni fa in buona parte del Sciu’ da Teiru, ci fosse acqua di mare.
I ommu de na otta ciappavan i purpi a Gambun e pescavan i totani a e Tascee?
Nei millenni questa insenatura fu colmata con gli inerti trasportati dalle acque e soprattutto dalle piene del nostro fiume.
Ma non solo…
È molto probabile che una frana di grandi dimensioni si staccò dell’odierna Villa D’Atu a Casanova.
A Liggia de San Peo
Una grande massa di terra e pietre, sbarro’ il normale flusso delle acque del Teiro.
Si formò un grande invaso.
L’acqua tracimando da quello sbarramento, trascinò verso valle, un notevole volume di inerti che finirono per insabbiare l’approdo romano ai piedi del Colle di S. Donato.
Formando la piana alluvionale Caminata/Lomellina
In mezzo alla borgata dei Busci, percorro l’omonima Munto’.
Al termine, cerco il sentiero, che facevo da bambino, quando insieme ad altri amici esploravamo il nostro mondo, quello fuori casa, con il bosco e il fiume, teatri dei nostri infiniti passatempi.
Il sentiero è la mulaioa che porta a Ca da Fidea passando da Ca du Suia
Dopo alcune decine di metri, lascio la stradina e mi arrampico a destra lungo la pietraia, un’ex cava di pietre, che mi porta sulle grande Rocca di Busci
Sotto di me un impressionante strapiombo!
In basso i Busci, u Rissulin, u Pasciu, S.Duno’ via Scavino.
In fundu Vase e u ma’.
“Arrivati in cima alla collina, sostammo in silenzio, contemplando il panorama, da quassù si poteva scorgere il nostro mondo. La curva che faceva il fiume intorno al colle di S.Donato, il nostro bosco, tutto era diventato in miniatura. Ci meravigliammo di essere saliti così in alto. Da quella rupe, ci sentivamo padroni del nostro mondo, ora sottomesso davanti a noi.” ( tratto da “Olio di Oliva e Cotone”)
Proseguo, seguendo le piste degli animali selvatici, qui padroni del loro mondo.
In mezzo a una boscaglia di “brughe” “ersci””pin” “lentiscu” “ senestra” e “ruvei”.
Il versante nord quello verso Casanova, di questo bricco senza nome è tutto un fitto bosco di eriche arboree e rovi.
Qui vicino, si cela una grotta, il covo dei nostri nemici ai tempi delle nostre scorribande in questi boschi.
Ma rinuncio alla sua ricerca, troppo arduo superare il groviglio di vegetali.
Sopra questa altura convergono le linee elettriche che scendono alla Stazione Elettrica di trasformazione del Parasio, in un ex basamento è incisa l’anno il 1910, l’epoca della prima linea elettrica, tesa sulle nostre colline, trasportava l’energia elettrica, che alimentava la nostra città
Proseguo in direzione du Vino’ seguendo “na currianna “uno scolo dell’acqua piovana, sapientemente scavato, da chi coltivava i sciti sui terrazzamenti circostanti, un secolo fa.
Oggi è tutto inglobato in un marasma impressionante, impraticabile de Brughe e de Ruvei!
A malapena si intravvedono le fasce con le mascee, i muretti a secco.
Ad intervalli regolari, sono stavi scavati trasversalmente alla dorsale spartiacque, i Surchi, canali per acque meteoriche, l’unica opera che può salvaguardare il nostro fragile territorio!
Altri scavi molto più grandi fanno parte di un sistema di trincee della Seconda Guerra Mondiale
Osservando questa ripida dorsale dove nessun vegetale riesce a radicarsi, si intuisce la portata e la velocità con cui l’acqua scende dau Vino’
Proveniente dal monte Zucchero.
Sapientemente chi ha scavato questi solchi, aveva l’intento di limitare i danni che poteva fare un forte temporale alle coltivazioni e ai muri in pietra dei terrazzamenti.
Questi surchi, a distanza di un paio di secoli, sono ancora integri e in grado di espletare il loro compito primario.
Siamo difronte ad un’altra mirabile opera delle generazioni che ci hanno preceduto, in questo territorio, quelle genti che con la fatica e con l’ingegno e senza nessuna attrezzatura al difuori delle loro braccia e delle loro mani , hanno lottato contro un territorio ostile e fragile, per il sostentamento delle loro famiglie
Raggiungo il Vino’ dove la vista spazia in uno scenario stupendo a 360° qui sono installati i ripetitori TV con una miriade di antenne e trasmettitori.
Sulla via del ritorno arrivato al pianoro, seguo il simbolo giallo dei guardiafili delle linee elettriche, che tramite un agile sentiero, mi conduce ai Busci.
Prima dell’inizio dei sciti, le zone coltivate c’è un rudere di una peschea, una vasca di raccolta per irrigazione.





