E Prie da Lelua

Se noi viaggiatori nel tempo, ci fossimo trovati nel neolitico, in una notte senza luna, a risalire la Valle del Teiro, oltrepassato il luogo dove poi sarebbe sorto la borgata del Pero, avremmo visto dei fuochi.

Che ardevano alle pendici du Ciasun il Bricco che sovrasta Campolungo.

Erano gli insediamenti umani di Fenestrelle e de Prie da Lelua.

A lato della strada di Campolungo, lato monte, c’è una vasta zona “cun tanti muggi de prie” mai censita come zona di interesse archeologico.

Anche qui sono molte le testimonianze di antiche frequentazioni umane.

Chi risale il ripido pendio, del monte Ciason, fra innumerevoli carcasse di alberi abbattuti, in mezzo ai pungitopo e le onnipresenti brughe, si trova al cospetto di un crescendo scenario di manufatti in pietra.

Roccia di scisto, facile allo spacco, postu da Piccapria.

Sono almeno tre le cave che sono state utilizzate in questa zona, ma presumo che molte siano state anche le pietre divelte, trafugate, da costruzioni, già esistenti.

Di alcuni di questi manufatti è rimasta solo la sagoma delimitata dalle pietre di fondazione.

Una di queste cave, era indubbiamente dedicata allo spacco e produzione “de Ciappe da Teitu” evidenziata dalla numerose pietre di piccolo spessore che giacciono abbandonate.

La presenza di terrazzamenti, costruiti con rocce ciclopiche, fanno intuire l’importanza che aveva questo sito in tempi remoti.

Ma evidenziano anche l’abilità, la forza e determinazione di chissà chi, le ha volute metterle a dimora lungo questo acclive pendio.

Come mi è già capitato, in circostanze simili, seguo istintivamente il percorso delle pietre e arrivo al cospetto di una mirabile costruzione, che delimita un riparo sotto roccia, con un alto muro in pietra, uno dei primi esempi di abitazione e poi magari adibito a ricovero animali, della valle del Teiro

Di buona fattura, con un ingresso ad altezza d’uomo, mancante di una parte, probabilmente depredata per altre costruzioni.

All’interno il fondo roccioso risulta spianato e liscio, un altro muro chiude il varco sotto roccia laterale.

A mio parere, una bell’opera rurale, da censire e valorizzare come testimonianza storica di antichi insediamenti.

Qui c’è una palestra di bouldering, alcuni cartelli con la scritta Boulder indicano la direzione per arrivare alle rocce.

La zona incuriosisce e si presta ad ulteriori esplorazioni.

Poco più in alto, la stessa roccia, ha una nicchia squadrata a lato di un probabile riparo.

Continuando la risalita altre sporgenze interrate di cui si, intravvede l’interno.

Arrivo al culmine di questa rocca, dove sotto grandi e inquietanti lastre di pietra a sbalzo, vi è un anfratto occluso da un crollo e dalla Canigea, paritaria.

La posizione dominante e l’esistenza di una terrazza naturale a sbalzo sul bosco sottostante, fa pensare ad un probabile punto di osservazione e vigilanza.

Su questa rupe a strapiombo sul verde del bosco sottostante, arriva un forte profumo di Tummu, timo, proveniente da un grande cespuglio che ha messo le radici fra le fenditure delle rocce, in basso a lato di un sentiero da Bestie Serveghe, il verde di alcune piante de spagau, asparagi selvatici, già divorati da qualche capriolo, che ha poi marcato il territorio con il suo inconfondibile odore.

Ridiscendo fra i cespugli di pungitopo, e gli incredibili arbusti di edera, che si insinuano nelle spaccature e sembrano scaturire dalla roccia.

Ma potenzialmente, in grado di provocarne dei distacchi.

Inizio la fase di discesa dalla parte opposta della rocca.

Arrivato al cospetto di un acclive pendio, sempre comunque accompagnato dalla vista di muretti in pietra e muggi de prie, c’è un’altra meraviglia di questi boschi

Forse ho trovato l’inghiottitoio, citato da Fenoglio in un suo scritto!

E’ una voragine delimitata nella sua parte superiore da due rocce che collassando sono venute a contatto e da tempi immemorabili formano un arco sopra questo abisso.

Il nome e Prie da Lelua si riferisce alla presenza di arbusti di edera, dall’età non quantificabile, che come un serpente avvinghiano e si arrampicano lungo le pareti di queste rocce.

Non è possibile neanche stabilire l’età de Uegge, i funghi che crescono in simbiosi o meglio da parassiti attaccati ai tronchi di alcuni alberi, nutrimento a loro volta, di uno strato di Erba Cocca.

Anche qui, in questo sito, c’è stato il lavoro la fatica dell’uomo, ma tutto in questa zona è avvolto nel mistero.

Ma nessuna magia, solo una difficoltà nostra a comprendere a leggere per pigrizia, ignoranza o semplicemente per indifferenza, le innumerevoli testimonianze del nostro passato, troppo presto liquidate con “U l’è un muggiu de prie”.

Nota dell’autore

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