I Cien de Cantalu’

Val la pena di fare un pò di salita e ritrovarsi ai Cien de Cantalù.

Sono con Francesco e Sergio a condividere una bellissima giornata dove a far da sfondo alle foto è il blu del mare, che si fonde con un cielo, reso spettacolare dalle nuvole.

Oltrepassato lo spartiacque, ecco un’altro mare, quello verde del nostro entroterra, visto dalla spettacolare Rocca da Balin-a.

Bello da quassù, riconoscere gli abitati, con i loro campanili, fino a quello lontanissimo della Madonna della Guardia.

E poi dare un nome a tutti i nostri bricchi, a partire da u Succau che con i suoi 429 metri incombe sull’abitato della nostra città.

La fatica della salita è ripagata da una delle più belle zone del nostro entroterra.

I Cien de Cantalù, in questo periodo da vedere con il verde e le fioriture di primavera.

Da turno’ figgiò per rubattose, zugo’ a ballun o zuenottu cun na figgia in campurella.

Questo pianoro è stato spianato reso coltivabile e produttivo, dalla famiglia Zunino, di origine lurbasca, che qui traeva sostentamento, tramite il lavoro nei campi e con l’allevamento di bestiame.

Nei primi anni del secolo gli avi di questa famiglia, erano domiciliati in località In Spalla d’Ursu (sulle cartine e anche segnata la cascina Zunino) in riva destra del Teiro dopo i Posi, dove avevano dei terreni e una stalla, salendo il Cornà, raggiungevano i Cien de Cantalù, per la fienagione. Acquisita una porzione di terreno, si stabilirono in questa località, costruendo un’ampia casa colonica, oggi però circondata da una banda plastica, che ne indica lo stato di precarietà.

Belle le parole, di un’erede dei Zunino, Claudia Buffa, che ringrazio per avermi raccontato con una buona esposizione di fatti, ricordi e nomi, di questa grande famiglia, di un loro lontano parente, emigrato in America e poi delle tante bocche da sfamare, che comunque hanno contribuito in età adulta, ai lavori nei campi, all’accudimento del bestiame e a costruire proprio lì ai Piani di Cantalupo la loro bella grande dimora.

Al limitare dei Cien de Cantalù in direzione del monte Succau, come una barriera insormontabile, si erge un muro in pietre di notevole impatto visivo, lungo quasi un centinaio di metri, alto, in certi punti, circa tre metri, disposto all’incirca lungo la direttrice nord sud.

Inizia nei pressi di quella che sembra essere stata una cava di pietre e termina nella zona sud, interrotto dalla strada, quella che raggiunge la vetta del monte Succu, oltre questo limite, non v’è traccia di proseguimento di quest’opera muraria.

Bellissimo e di buona fattura fa pensare ad un’opera megalitica delle popolazioni che vivevano su queste alture agli albori della civiltà dei Liguri, ma ad oggi resta sconosciuto lo scopo di questa opera e soprattutto chi l’ha edificata, con un notevole dispendio di risorse.

Forse la spiegazione è meno aurea e di un periodo a noi più vicino e può essere quella di un muro per delimitare una proprietà, con funzioni di riparo per le coltivazioni più delicate, piantumate a ridosso del muro, per la difesa dai venti di tramontana.

Costruito con le pietre spaccate dalla cava e con l’aggiunta del pietrame di risulta, durante i lavori per rendere arabile e fertile il pianoro,

Oppure molto probabile che questo muro sempre per gli stessi scopi di cui sopra, sia un riutilizzo di pietre, in questa zona poteva esserci un “mucchio di pietre” appartenenti ad un castellaro eretto dai nostri antenati a difesa di questa importante zona, dove almeno quattro strade si incontravano.

Oggi per raggiungere queste zone, ricadenti all’interno del territorio del Comune di Varazze, si è costretti a percorrere almeno una ventina di chilometri, partendo dal centro urbano.

Per agevolare l’utilizzo e lo sviluppo di questa importante area, con le sue attività, presenti ai Piani di Cantalupo e a Rocca Guardiola, anche nell’ottica di diversificare l’offerta turistica della nostra città, sarebbe auspicabile l’apertura di una o più strade di collegamento con le sottostanti frazioni di Cantalupo e Castagnabuona.

Esiste già una strada sterrata che prosegue oltre la Crocetta perche non seguirne il tracciato e adattarlo alle quattro ruote?

Sarebbe una viabilità alternativa in direzione di Stella S.Martino.

A questo punto e d’obbligo nominare anche la strada che dalle Faje sale a Pratorotondo perché non è mai stata ripristinata?

E la disastrata strada del Beigua dalle mille buche pericolosissima per le due ruote?

Fiumi di parole, riunioni, promesse elettorale.

Ma del nostro entroterra sembra importi poco e nulla si fa.

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