
Oggi nel 1978 entrava in vigore la legge 180, la legge Basaglia che decretò la chiusura dei manicomi.
L’Italia è l’unico paese al mondo che li ha aboliti
Da Diavoli Neri “Il Manicomio di Prato Zanino di Fabio Palli
– Ciao io abito qui. Hai delle pile per la mia radio?
– Mi spiace non ne ho, ma ho delle monete
– Si, si dammene tante. Devo comprare le pile per la radio
– Ma che cosa ascolti alla radio ?
– Ascolto il mondo senza farmi toccare
Sono passati quasi vent’anni dalla realizzazione di questo lavoro.
Decisi di comporlo con una Hasselblad SWC perché il formato quadrato mi dava l’accelerazione prospettica giusta.
Tutte stupidaggini. Mi sono reso conto che la sofferenza, il dolore e le urla che trasudavano dai muri scrostati sarebbero stati la mia inseparabile guida nei 7 mesi successivi.
Nel 1907, a causa della carenza di strutture manicomiali, la Provincia di Genova approvò il progetto della costruzione del Manicomio Provinciale di Cogoleto.
L’isolamento geografico e soprattutto la lontananza dal capoluogo ligure agevolarono la scelta di questo territorio.
La struttura doveva ospitare circa 2.400 degenti.
Nel manicomio di Cogoleto erano assistiti i pazienti ritenuti inguaribili e pericolosi per la società.
Ma venivano richiusi anche bambini considerati “difficili”, primogeniti non in grado di ereditare il patrimonio di famiglia, alcolisti e i violenti in genere ma che non avevano patologie psichiatriche conclamate.
Insomma, un “parcheggio” per persone scomode.
Il 26 marzo 1907 venne presentato al Consiglio Provinciale un progetto di esecuzione dei lavori stralciato dal progetto generale, che comprendeva la costruzione di 5 padiglioni per agitati, due per semi agitati, due per malati tubercolotici, due per malati comuni e infine altri adibiti ad abitazione degli operatori infermieristici e degli impiegati.
All’interno della struttura erano presenti anche una lavanderia industriale, il guardaroba generale, la sartoria, l’abitazione del personale ecclesiastico, l’officina per le riparazioni meccaniche, il forno, le cucine, l’abitazione dell’agronomo, e la casa del direttore del manicomio.
Dall’isolamento dell’ospedale psichiatrico derivò la sua autonomia economica.
Adiacente alla struttura, collocata su una collina poco distante, sorgeva la fattoria che procurava al manicomio di Cogoleto e in parte anche al manicomio di Quarto, a Genova, verdure e carni macellate.
Per la produzione venivano utilizzati i degenti.
L’ergoterapia veniva utilizzata per curare i disagi mentali degli ospiti grazie alla possibilità del lavoro all’aria aperta, o in locali ariosi.
In realtà i prodotti agricoli erano oggetto di vendita e rappresentavano un modo per sfamare i malati risparmiando sul bilancio dell’ospedale.
Dalla seconda metà degli anni ‘ 60, grazie alla revisione dei concetti dell’assistenza psichiatrica, l’ergoterapia entrò in una profonda fase di crisi poiché, utilizzata in maniera sbagliata, venne denunciata come istituzione antiumana celata sotto un’apparente intenzione terapeutica.
I malati lavoravano anche 10 ore al giorno per avere in cambio un pacchetto di sigarette.
Fabio Palli
U Manicomiu de Pre Zanin
Era il più grande d’Italia.
Il manicomio di Prato Zanino era una vera e propria città costruita sopra un’immensa terrazza, immersa nel verde, soleggiata, circondata dalle vette dei monti e con l’azzurro del mare e del cielo.
Un’oasi di pace, un paradiso in terra!
Circondata da un muro e da una recinzione metallica, lungo tutto il suo perimetro.
I malati erano ospitati in 22 padiglioni.
Dava lavoro a molte persone di Cogoleto, Sciarborasca e dei paesi limitrofi.
Sono molte le storie di abusi e di maltrattamenti molte infondate, qualcheduna veritiera.
Ad esempio che si facesse largo uso dell’elettroshock e la doccia fredda per chi faceva “il matto”
Anche storie di persone rinchiuse perché dichiarate insane di mente per questioni ereditarie, con l’ avallo di medici e parenti compiacenti.
Ma i suicidi quelli non si potevano negare.
Succedeva in particolare a quelli che riuscivano a fuggire.
Molti dei ricoverati si sentivano al sicuro all’interno di quei muri di recinzione, facevano qualche lavoretto o accudivano degli animali.
Gli ampi spazi verdi il clima e i panorami, era condizioni ideali per il trattamento delle patologie mentali.
Molti malati erano persone miti, non affatto pericolose e avevano la possibilità di stare a contatto con la natura.
Terrorizzati invece ad essere in contatto con la nostra società competitiva, cinica e sopratutto ipocrita
La legge 180 rivoluziono’ questo settore della Sanità.
L’intento era quello di aprire i manicomi e cercare, nei limiti un recupero alla vita sociale per ognuno dei pazienti psichici, che erano ospitati in queste grandi strutture chiuse.
Ma aldilà delle belle parole che oggi esaltano la legge 180 come esemplare e innovativa, in realtà la sua applicazione non ha migliorato le condizioni di vita dei malati e delle loro famiglie
Un’altra buffonata all’italiana, una legge fatta senza aver le strutture e l’organizzazione necessaria per poter essere esecutiva.
Sarebbe bastato mantenere queste strutture e renderle più funzionali.
Ma era tutto previsto, la scomparsa dei manicomi di stato, favorì il profitto privato con il proliferare di numerose cliniche di salute mentale.
Case chiuse senza contatto con la natura.
E la bellezza di quella grande terrazza de Pre Zanin.
La legge ancora oggi sotto alcuni, aspetti è disapplicata, specie per quanto riguarda l’utilizzo di mezzi di coercizione e la mancata sorveglianza.
A questo punto è lecito pensare, che il vero scopo della legge 180, non fosse il miglioramento delle condizioni di vita dei malati.
Ma si dovevano chiudere i manicomi e basta
Quando invece come ha scritto Maria Rosa, nel link allegato a questo articolo, serviva solo un pò d’amore.
https://www.giacomodoni.com/…/testimonianze…/
Le foto sono tratte dal web.





