24 novembre 2019

C è stato un momento particolare, domenica mattina 24 novembre 2019, che ho potuto cogliere, perché come sempre mi succede, dal 4 ottobre 2010, il giorno dell esondazione del rio Riva, passo le notti insonni a scrutare l’acqua che scende dalla parte alta di via Scavino.

Quella strada diventata, in un attimo un fiume di acqua e fango, in quel lunedì di qualche anno fa, immagine indelebile nei miei ricordi.

Alle 4.30 da qualche minuto la pioggia incessante, aveva rallentato il suo ritmo, all improvviso, una folata di vento e a seguire, dopo qualche minuto, diverse altre raffiche di tramontana, erano la prova, della rottura dell accerchiamento temporalesco, che da due giorni stava flagellando la nostra città è stato il segnale, dell imminente fine delle piogge, perlomeno di quelle più intense.

Le prime luci del nuovo giorno, svelavano le ferite inferte dal nubifragio, in primis, un ecatombe di frane, di strade invase da massi, terra, alberi da sgombrare, lo stesso scenario, anche nei comuni limitrofi.

Ma le ferite più dolorose, dovevano ancora arrivare, il giorno dopo, lunedì con l ordinanza di sgombero a causa dell instabilità del terreno, dove affondano le fondamenta, di alcune case.

65 persone dovevano abbandonare le loro case, i loro affetti i loro sogni, magari da poco realizzati, fino a data da destinarsi, in un silenzio pieno di dignità, dalle case uscivano con le valigie, in direzione dei mezzi privati o verso i mezzi della protezione civile.

Giovani coppie, giovani genitori, con la disperazione negli occhi: -Che cosa faremo ora, con il mutuo da finire di pagare e con una casa chissà se ancora abitabile?-

Anche un neonato in braccia alla sua mamma, con la curiosità nei suoi grandi occhi.

Potrebbe essere un'immagine raffigurante corpo idrico

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