Rumenta, Abelinato, Sguarato, Zetto.

Nel secondo dopoguerra, il boom economico con l’industrializzazione indotto dalla ricostruzione, fu un potente fattore di mobilità interna, soprattutto dal sud al nord, ed i fenomeni migratori, dalle campagne alle città e quindi di incontro di lingue e di culture.

Quando poi nel 1962 fu introdotta in Italia la scuola media unica che innalzava l’obbligo scolastico a 14 anni, un nuovo pubblico di scolari tradizionalmente fermi all’istruzione elementare, vale a dire i figli delle classi operaie e contadine, si affacciarono per la prima volta alla scuola superiore, e questa radicale trasformazione nella composizione del pubblico scolastico non fu indolore.

La dialettofonia diffusa nelle classi popolari si abbatté sugli insegnanti della ‘nuova’ scuola media unificata cogliendoli del tutto impreparati.

Tutti questi ultimi elementi erano presenti nella società della nostra citta’ negli anni 50/60

Ricordo i pensierini delle elementari infarciti con parole dialettali e poi il fenomeno dell’abbandono scolastico, dovuto anche alla troppa rigidità del corpo insegnante.

Lungi da applicare quello che oggi è chiamato “il sei politico”la media era pura metematica, e così alcuni nostri compagni non appena raggiunti i 14 anni abbandonarono la didattica, per il mondo del lavoro, dove peraltro erano già impiegati e mai supportati in questa duplice condizione di scolaro/lavoratore dalla scuola statale, anzi a volte e di questo ne sono testimone, trattati anche in malo modo e spronati all’abbandono scolastico.

A questo proposito è bene saper che nell’elenco del registro di classe nell’ultima colonna a fianco del nome dello scolaro era scritta la professione del padre, un retaggio del ventennio fascista rimasto in essere anche negli anni del dopoguerra.

Le carenze accumulate negli anni delle elementari, poi si scontavano alle medie specie nell’uso corretto dell’italiano abituati in famiglia e con gli amici a parlar in dialetto poi si finiva per fare un miscuglio, citato da De Mauro come«un misto di dialetto e lingua letteraria», il che «val peggio dell’uso del puro dialetto»

A questo proposito mi sono inventato il termine Zenagliano, che era il linguaggio parlato, tra di noi alunni degli anni 60, termini pratici inseriti, in una frase in lingua italiana, utilizzati con efficacia e velocità per descrivere cose, azioni o ricordi, evitando così anche una problematica traduzione nella patria lingua.

Qualche parola è divenuta patrimonio linguistico correntemente usato oggi anche dalle generazioni più giovani quali rumenta, abelinato, sguarato, zetto, carruggio, tomate ecc.ecc.

Foto Archivio Storico Varagine

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