Nel 700 alcune grandi famiglie genovesi, avevano dei possedimenti terrieri, nella nostra città
Non come asservimento di ville al mare, ma come produzione, vendita e approvvigionamento ad uso, consumo personale di ortaggi e frutta favorita nella maturazione, dal clemente clima invernale della nostra città.
Varazze è protetta dal suo arco di monti dal vento di tramontana.
I venti di Libeccio e Scirocco …ed eventuali ladruncoli erano invece, ostacolati, dall’altezza delle mura che recintavano gli appezzamenti di questi terreni.
La famiglia Doria, aveva diviso gli orti della Caminata con la famiglia Camogli.
I marchesi di Torriglia, disponevano della coltivazione a fasce che scendeva dal Cavetto, sul Posu, dal Carega’, in Niquatrin e i terreni in piano del Solaro e della località Mola.
Il marchese Centurione, era quello che aveva la maggior estensione di terreni e vantava nei suoi beni, le rinomate località, Vignetta, Cian du Tunnu, u Sarsciu, e i Cend’Invrea.
Magnifici terreni vista mare, protetti a breve distanza dal monte Grosso, ideali per la produzione di agrumi e primizie ortofrutticole.
Il problema dell’irrigazione degli orti “cittadini” era risolto, per gli orti della Caminata, dall’approvvigionamento d’acqua dal Teiro, tramite il beo in località Muinetti, e da quella in arrivo dal torrente Arzocco.
Le fasce in alto, dei terreni dei marchesi di Torriglia, erano irrigati da una presa d’acqua del rio del Cavetto, tramite uno sbarramento dove ora sono le mura dell’ex diga dell’Acqua Ferruginosa.
Gli orti e frutteti della zona del Solaro e della Mola, erano irrigati dal troppo pieno del rio del Cavetto e dal rian da Moa, ma quando nel periodo estivo, l’apporto d’acqua si riduceva drasticamente, allora potevano usufruire, tramite una scigogna, di una copiosa sorgente, che sgorgava nei pressi del convento di S.Domenico , ora occultata dalla sede stradale di via Luigi Bruzzone.
I Centurioni erano quelli che avevano realizzato le opere più imponenti, per irrigare le loro coltivazioni, al passo del Muraglione è ancora visibile l’opera idraulica, demolita poi per far passare la strada che scende al Deserto, che convogliava tramite un beo, le acque provenienti dal rio Gambin, molto probabilmente direttamente nell’alveo del torrente Arenon, per poi essere riprese con una ciusa, più a valle, ed essere convogliate ai piani d’Invrea, negli orti e giardini del castello, qui il beo, aveva una discreta portata, perché , doveva fornire forza motrice ad un frantoio ad acqua.
A Cruscea de Vie questo Beo tramite una diramazione alimentava l’invaso dell’acqua Ferruginosa.
I terreni della Vignetta e del Salice, erano irrigati, tramite il convogliamento delle acque meteoriche, effettuato con la costruzione di alcune canalizzazioni lungo le pendici e l’utilizzo di una sorgente del monte Grosso i Funtanin, l’acqua era poi raccolta in grandi vasche, ancora presenti.
Stupisce ancora una volta il lavoro l’ingegno e le enormi fatiche di chi ha realizzato queste opere idrauliche senza l’apporto di nessuna macchina solo con la forza umana e animale.
Il pozzo della discordia
Un aneddoto storico, è relativo alla controversia, legata al pozzo, sopra citato, già presente in epoca medievale, appartenente alla famiglia Torriglia.
Nei primi anni duemila a seguito di alcuni lavori effettuati in via Bruzzone, sono ricomparsi i resti di questo pozzo, da me visto, erano a circa un paio di metri, al disotto del piano stradale, con alcune grosse ciappe come copertura.
Nel 700 questo pozzo e parte dei possedimenti del marchese di Torriglia furono posti in vendita.
Una sorgente nei pressi di un centro abitato, era di indubbio valore e i frati domenicani, visto la vicinanza di questo posto alla loro chiesa e convento, fecero di tutto per entrarne in possesso, fino al punto di scomunicare l’intera famiglia dei Camogli, rea di aver acquistato questo pozzo dai Torriglia e di essersi rifiutata di rivenderlo ai frati di S. Domenico.
La scomunica durò trent’anni, non si ha notizia del destino di questo pozzo, che finì per essere interrato a fine 800, quando proprio accanto al convento domenicano, fu costruita la linea ferroviaria.
Un’altro aneddoto è relativo al marchese Pietro Torriglia, ultimo discendente, nel 1908 muore in Varazze, senza eredi diretti e con il proprio testamento, lascia l’intero patrimonio al Comune di Chiavari ,con l’obbligo di impiegarlo a beneficio di un ricovero di mendicità nella villa di Preli, proprietà della famiglia Torriglia, ci furono delle controversie parentali, ma poi con atto ufficiale, erogato dal segretario comunale alla presenza del sindaco di Chiavari è inaugurata la struttura e l’organizzazione affidata alle Suore Gianelline.

