U Rifuggiu da Cruscetta de Cantalu’

Dopo quello che era capitato al povero Giacomo, i parenti e quelli che lo conoscevano, gli fecero visita, con gli occhi lucidi, pieni di premure e di belle parole nei suoi confronti.

Anche i militari erano a conoscenza di quella tragedia

A partire da quei soldati tedeschi, che lo avevano accompagnato a bordo di una Kubelwagen a Savona, evitando così tutti i posti di blocco sull’Aurelia, per arrivare prima all’Ospedale.

Chissà se quei militari, avranno udito le urla di Giacomo, quando con una siringa, i sanitari, cercavano, senza anestesia, di asportare il sangue dalla cavita’ oculare, nel tentativo di ridurre l’ematoma, per salvar l’occhio destro.

Tanto dolore per nulla, l’occhio fu perso per sempre.

Giacomo aveva 6 anni.

Nel 1944 la nostra città viveva sospesa in attesa degli eventi.

Ma i delatori continuavano il loro sporco lavoro, ogni tanto qualcheduno spariva e non si sapeva che fine aveva fatto.

Furono fucilati dei partigiani e dei renitenti di leva

La guerra era già persa fin dall’inizio.

L’Italia sconfitta su tutti i fronti, dai popoli che aveva aggredito.

Milioni di morti.

Disfatta, resa tangibile, dalla perdita del controllo dei cieli di quella, che qualcheduno ancora si ostinava a chiamare patria.

Ci furono i primi bombardamenti della città e le prime vittime civili.

Fu proprio un allarme aereo, la causa di quel brutto incidente.

Giacomo, correndo per andare al rifugio, inciampò, cadde e si infilzò l’occhio, con il temperino che teneva stretto in mano, per paura di perderlo.

Il tempo poi guarisce le ferite.

Un sanmarco, con il suo cavallo saliva a portar i viveri al P.O.C. della Crocetta di Cantalupo.

Lì era stato posizionato un Posto di Osservazione Costiera, due lunghe trincee circondavano il colle.

La Crocetta era trapassata, sottoterra, con un percorso est/ovest, da un rifugio scavato nella roccia, lungo un centinaio di metri.

La cappella della Crocetta era stata abbattuta per non fornire un facile riferimento agli aerei alleati.

Quel militare a cavallo allungava un pò il tragitto passando da Muianna, per far tappa dalle case dell’Uspiò, e far salire sul cavallo Giacomo, che lo stava aspettando nei pressi della sua abitazione.

L’occhio era senza benda e solo da vicino ci si accorgeva della sua cecità.

Su quella sella, Giacomo poteva ammirare quello spettacolo di panorama, sempre più immenso, mentre il cavallo saliva di quota.

La zona militare della Crocetta, era interdetta al transito, recintata da filo spinato, minata da ordigni antiuomo a pressione e a strappo

A Giacomo piaceva il rumore degli zoccoli di quel cavallo, sulle Ciappe di quella antica strada in salita.

L’antica viabilità è ancora oggi chiamata a Stradda Rumana e oltrepassa a Cruscetta, tagliando il versante verso la Valle Teiro.

Ora il conducente era sceso e teneva le briglie.

Per Giacomo questo era il momento più bello.

Rimasto da solo a montare quel cavallo, aggrappato al corno della sella, fantasticava chissà quali avventure in groppa a quel destriero.

La strada è caratterizzata da grandi Ciappe de Pria.

Ma che uomini erano, quelli che misero a dimora quei macigni?

Un messaggio esplicito per i malintenzionati che percorrevano questa viabilità ?

A Stadda Rumana faceva una decisa curva a destra e a circa metà dell’ultimo tratto in salita c’era quell’enorme vasca in cemento dell’acquedotto, dove ogni giorno un operaio comunale vigilava il corretto fluire dell’acqua.

Nel rivolo del troppo pieno di quella vasca, il cavallo era solito abbeverarsi.

Poco prima di arrivare al pianoro c’era l’entrata di quel grande rifugio.

Protetto alla vista degli aerei, da alcuni giganteschi alberi de Pin da Pinò

Quel militare, forse un padre di famiglia, un giorno lo portò con sé ad attraversare quel rifugio.

L’adulto lo percorreva con il busto piegato in avanti, aveva tirato la cinghia dell’elmetto sotto al mento, per evitare che cadesse nelle pozze d’acqua e fango.

Anche a Giacomo fu dato un elmetto, ma troppo grande per la sua testolina.

I militari risero divertiti alla vista di quel bambino con quell’enorme elmetto

Uno di loro con l’accento sardo, accomodò quel copricapo con un’imbottitura interna.

Giacomo vide tutto il ben di Dio, che era accatastato all’interno di quella galleria.

C’era di tutto!

Poche le armi e le munizioni, quel rifugio era in realtà un grande deposito di tante cose, le più disparate, dagli attrezzi, alle minutaglie, taniche dal contenuto sconosciuto, misteriose ceste di vimini, coperte con dei teli, grandi rotoli di fil di ferro e di carta catramata, che impregnavano con un odore acre quel rifugio.

Il tunnel era lungo almeno un centinaio di metri, odor di muffa, aria umida e pesante.

A causa di alcuni crolli erano stati per prudenza sistemati numerosi puntelli, pali di legno tagliati di misura.

Fioche lampade illuminavano altri materiali lì depositati.

Muschi verde brillante, avevano colonizzato i cerchi di luce, che le lampadine proiettavano sulle pareti di roccia.

Il militare si fermava in prossimità delle pozze d’acqua più grandi e sollevava di peso quel bambino.

A metà circa si riusciva a scorgere la luce dell’uscita.

Qui l’imbocco della galleria era nel limite boscoso che sovrastava i terrazzamenti.

Per nascondere l’accesso al rifugio furono posizionate delle reti mimetiche.

Da questo punto iniziava una lunga trincea molto profonda dove una persona poteva tranquillamente camminare rimanendo in posizione verticale.

Un lavoro immane, effettuato dai militari e dalla gente del posto, sotto la supervisione della Todt, l’organizzazione tedesca per opere di difesa militari

La trincea con alcuni cambi di direzione terminava all’altezza del P.O.C

Idem dal lato opposto verso la Valle Teiro sempre una trincea molto profonda, recentemente ripristinata dall’Associazione Alpini, si dipartiva dalla casamatta del punto di osservazione, in direzione dell’altra entrata del rifugio

Oggi questa entrata è completamente occlusa da un muro di pietre a secco.

In una spellacchiata radura sotto i Pin da Pino’ alcuni militari a torso nudo rincorrevano un vecchio pallone alzando nuvole di polvere che un vento di mare spazzava via.

Era già stato in quel campetto.

In una improvvisata squadra bambini/ militari.

Giacomo era molto bravo a giocare a pallone.

Qualche anno dopo divenne titolare nel Varazze FBC.

Ma era ora di ritornare a casa.

Con una lunga vertiginosa discesa passando dalla crosa che attraversava la borgata de Cantalù.

E scendeva ai Leiun, Tasca passando da giescia di Fratti.

Saluto’ il sanmarco che lo fece scendere sciu da Teiru in ta Lumellina davanti a Sciappapria

Quella fu l’ultima passeggiata a cavallo alla Crocetta con quel sanmarco.

Giacomo attese ancora per qualche giorno, alla solita ora nel solito posto quel militare a cavallo.

Non seppe più nulla di lui.

Terminata la guerra la zona della Crocetta fu sminata.

Qualche ordigno rimase lì sepolto e qualche anno dopo fu causa della morte di Giovanni Giusto.

Le cose molto lentamente tornarono alla normalità della solita vita grama.

Un giorno arrivò un carabiniere a cercare Giacomo, trovò la madre a cui consegnò un foglio di carta.

Doveva presentarsi al comando della stazione dei carabinieri di Varazze per urgenti comunicazioni.

Che cosa poteva aver combinato di così grave un bambino di sette anni per essere convocato nella caserma dei carabinieri?

Questa fu la stessa domanda indagatoria che gli fece suo padre

Arrivati al cospetto del maresciallo, gli fu chiesto di quel rifugio, dove si trovava, ma soprattutto che cosa era depositato al suo interno.

Giacomo accompagnò il maresciallo e un altro carabiniere in prossimità dell’entrata del rifugio.

Ma all’interno del tunnel, non era rimasto più nulla.

Sparito anche quel lungo filo con tutte quelle lampadine.

Giacomo Rusca classe 1937 mi ha raccontato questo ed altro, quando bambino, fu coinvolto nelle vicende della seconda guerra mondiale.

Ringrazio Giacomo che mi ha svelato l’esistenza del rifugio della Crocetta.

Il racconto si basa su ricordi e verosimili accadimenti.

Ringrazio Francesco Canepa, abbiamo visitato, non senza difficoltà i manufatti bellici della Crocetta.

Sconsiglio vivamente, l’avvicinamento all’ingresso del tunnel, ormai quasi completamente occluso e dove incombe una grande massa di terra, pietre e vegetali, con un potenziale imminente pericolo di crollo!

Grazie a chi legge questi miei articoli!

Spero di aver con questo articolo portato a conoscenza di tutti, un pezzo di storia con le testimonianze, di un passato recente e remoto della Cruscetta di Cantalu’

Gli articoli sono di libera fruizione e possono essere utilizzati in copia, previa comunicazione e citando la fonte, in alcun modo ne deve essere modificato il testo.

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Nino Delfino

Negli anni 50 quella galleria era ancora percorribile nel suo primo tratto, poi, invasa dall’acqua, diventava troppo pericolosa. Anche noi, ragazzini curiosi, lo capivamo.

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Giuan Marti

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Buon Compleanno Patty!

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Antonella Ratto

Adoro questa canzone!!

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Giuan Marti è con Lino Conte.

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U Riparu du Muntegrossu

Riparo sotto roccia o altare pagano?

Potrebbe essere stato un luogo di culto dell’Antica Religione, questa zona nord del Monte Grosso.

Posto di passaggio, crocevia, sentieri dei contrabbandieri

Da qui si dominano tutte le cime del massiccio del Beigua.

Fu forse la presenza di indizi o la percezione di antiche devozioni che in questo luogo fu eretta un edicola votiva poi trasformata in cappella.

Ringrazio Lino Conte per la segnalazione e Francesco Canepa.

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