11) I Racconti di Paolo Baglietto U Russu

A Fabrica

Per 5 anni,12 ore al giorno andavo a piedi a lavorare nel Cotonificio, poi mi sono comprato la bicicletta.

Salivo su da Cantalupo, come un razzo e la strada non era asfaltata, poi mi comprai la moto.

Non avevo preso la moto del cotonificio, quelle che avevano fatto arrivare a prezzo scontato per i dipendenti.

In fabbrica c’era uno, che era appassionato di moto e aveva sconsigliato quella motocicletta, si era informato “Mia sun troppu cumpresse, van ben ma duan pocu ha troppu cumpressiun, piggite na Gilera, ma un otru modellu”

E cosi acquistai la Gilera Gran Turismo, era 150 di cilindrata.

Nel Cotonificio di quelle moto ne avevano vendute 27, fatte arrivare a prezzo di favore, dal direttore, tramite prenotazione.

Avevo comprata nel 47 la bicicletta, nel 52 la moto e nel 64 la macchina, una 600, poi l’850 e la 127

Si dava tutto lo stipendio a casa, consegnavo la busta chiusa a mia madre, da quando avevo 12 anni e mezzo

Avevo 19 anni, quando chiesi di comprare la moto

Lei mi disse: “Guarda che moto non ne posso comprare, perché altrimenti ne devo prendere tre, una a testa anche per i tuoi fratelli”

Io risposi: “Allora lasciami tenere lo straordinario e cosi mi compro la moto”

Visto il netto rifiuto, allora non ho più fatto straordinario e uscito dalla Fabrica, andavo a spiaggia.

Quando mi mamma, ha visto che non facevo più ore, mi disse di tenere lo straordinario.

E’ così in un anno, mi sono comprato la moto è stata la prima e unica moto

Facevo i turni e riuscivo a tempo perso, a fare gli impianti nelle case

Facevo l’elettricista nella Fabrica, ed ero abituato che bastava avere una pinza e un po’ di nastro, ma, nella Tubi Ghisa, era già tutto automatizzato e allora bisognava studiare, per poter seguire gli schemi dell’impianto e comunque, erano quasi sempre gli stessi guasti e si sapeva già cosa toccare, per ripristinare gli impianti.

C’erano quelli che non capivano un belino e facevano disastri

Nella Tubi, c’era una macchina che produceva un tubo ogni 5 minuti e un tubo era venduto a 800.000£. Quando l’impianto era rimasto troppo fuori uso, arrivavano i capi, che volevano saper il perché e il come

Feci per dieci anni capo manutenzione nell’Ilva

Ho lavorato lì fino al 1987, poi sono andato in pensione

A Varazze e Cogoleto c’ era lavoro per tutti

Nella Tubi Ghisa lavoravano 700 persone

Fine

foto in b/n Archivio Storico Varagine

10) I Racconti di Paolo Baglietto U Russu

A Giescia

Il terreno per costruire la chiesa di Cantalupo, fu donato dai Damezzano, prima fu edificata una capella, poi ingrandita

Tutte le chiese di S.Giovanni, sono orientate verso est.

A seguito dell’aumento degli abitanti, la chiesa divenne piccola e allora l’edificio fu allungato.

Nel 1887 il terremoto fece crollare il campanile, che non era alto come lo è adesso, era un piano più basso.

In concomitanza con i lavori del campanile, fu edificata anche la sacrestia e sopra le scuole elementari, che con l’unità d’Italia erano divenute obbligatorie, fino alla terza elementare

Il comune corrispondeva un piccolo affitto annuale, alla confraternita

Ogni iniziativa di Cantalupo, partiva dalla confraternita, anche quando hanno fatto la Società Operaia Cattolica

Tutti erano iscritti nella Confraternita, mentre invece, molti non erano iscritti nella Società Operaia Cattolica.

Perché dicevano che la Società, portava alla perdizione!

Perché chi andava lì si ubriacava.

A Cantalupo si faceva il vino.

Fino ad arrivare in via Roma, era tutta una vigna.

I Testa facevano un buon vino, u l’ea Verdicciu, anche au Rivà erano vigne de Verdicciu e u Rollo, che era uva da tavola.

continua

E Prie da Lelua

Se noi viaggiatori nel tempo, ci fossimo trovati nel neolitico, in una notte senza luna, a risalire la Valle del Teiro, oltrepassato il luogo dove poi sarebbe sorto la borgata del Pero, avremmo visto dei fuochi.

Che ardevano alle pendici du Ciasun il Bricco che sovrasta Campolungo.

Erano gli insediamenti umani di Fenestrelle e de Prie da Lelua.

A lato della strada di Campolungo, lato monte, c’è una vasta zona “cun tanti muggi de prie” mai censita come zona di interesse archeologico.

Anche qui sono molte le testimonianze di antiche frequentazioni umane.

Chi risale il ripido pendio, del monte Ciason, fra innumerevoli carcasse di alberi abbattuti, in mezzo ai pungitopo e le onnipresenti brughe, si trova al cospetto di un crescendo scenario di manufatti in pietra.

Roccia di scisto, facile allo spacco, postu da Piccapria.

Sono almeno tre le cave che sono state utilizzate in questa zona, ma presumo che molte siano state anche le pietre divelte, trafugate, da costruzioni, già esistenti.

Di alcuni di questi manufatti è rimasta solo la sagoma delimitata dalle pietre di fondazione.

Una di queste cave, era indubbiamente dedicata allo spacco e produzione “de Ciappe da Teitu” evidenziata dalla numerose pietre di piccolo spessore che giacciono abbandonate.

La presenza di terrazzamenti, costruiti con rocce ciclopiche, fanno intuire l’importanza che aveva questo sito in tempi remoti.

Ma evidenziano anche l’abilità, la forza e determinazione di chissà chi, le ha volute metterle a dimora lungo questo acclive pendio.

Come mi è già capitato, in circostanze simili, seguo istintivamente il percorso delle pietre e arrivo al cospetto di una mirabile costruzione, che delimita un riparo sotto roccia, con un alto muro in pietra, uno dei primi esempi di abitazione e poi magari adibito a ricovero animali, della valle del Teiro

Di buona fattura, con un ingresso ad altezza d’uomo, mancante di una parte, probabilmente depredata per altre costruzioni.

All’interno il fondo roccioso risulta spianato e liscio, un altro muro chiude il varco sotto roccia laterale.

A mio parere, una bell’opera rurale, da censire e valorizzare come testimonianza storica di antichi insediamenti.

Qui c’è una palestra di bouldering, alcuni cartelli con la scritta Boulder indicano la direzione per arrivare alle rocce.

La zona incuriosisce e si presta ad ulteriori esplorazioni.

Poco più in alto, la stessa roccia, ha una nicchia squadrata a lato di un probabile riparo.

Continuando la risalita altre sporgenze interrate di cui si, intravvede l’interno.

Arrivo al culmine di questa rocca, dove sotto grandi e inquietanti lastre di pietra a sbalzo, vi è un anfratto occluso da un crollo e dalla Canigea, paritaria.

La posizione dominante e l’esistenza di una terrazza naturale a sbalzo sul bosco sottostante, fa pensare ad un probabile punto di osservazione e vigilanza.

Su questa rupe a strapiombo sul verde del bosco sottostante, arriva un forte profumo di Tummu, timo, proveniente da un grande cespuglio che ha messo le radici fra le fenditure delle rocce, in basso a lato di un sentiero da Bestie Serveghe, il verde di alcune piante de spagau, asparagi selvatici, già divorati da qualche capriolo, che ha poi marcato il territorio con il suo inconfondibile odore.

Ridiscendo fra i cespugli di pungitopo, e gli incredibili arbusti di edera, che si insinuano nelle spaccature e sembrano scaturire dalla roccia.

Ma potenzialmente, in grado di provocarne dei distacchi.

Inizio la fase di discesa dalla parte opposta della rocca.

Arrivato al cospetto di un acclive pendio, sempre comunque accompagnato dalla vista di muretti in pietra e muggi de prie, c’è un’altra meraviglia di questi boschi

Forse ho trovato l’inghiottitoio, citato da Fenoglio in un suo scritto!

E’ una voragine delimitata nella sua parte superiore da due rocce che collassando sono venute a contatto e da tempi immemorabili formano un arco sopra questo abisso.

Il nome e Prie da Lelua si riferisce alla presenza di arbusti di edera, dall’età non quantificabile, che come un serpente avvinghiano e si arrampicano lungo le pareti di queste rocce.

Non è possibile neanche stabilire l’età de Uegge, i funghi che crescono in simbiosi o meglio da parassiti attaccati ai tronchi di alcuni alberi, nutrimento a loro volta, di uno strato di Erba Cocca.

Anche qui, in questo sito, c’è stato il lavoro la fatica dell’uomo, ma tutto in questa zona è avvolto nel mistero.

Ma nessuna magia, solo una difficoltà nostra a comprendere a leggere per pigrizia, ignoranza o semplicemente per indifferenza, le innumerevoli testimonianze del nostro passato, troppo presto liquidate con “U l’è un muggiu de prie”.

Nota dell’autore

Gli articoli sono di libera fruizione e possono essere utilizzati in copia, previa comunicazione e citando la fonte, in alcun modo ne deve essere modificato il testo.

9) I Racconti di Paolo Baglietto u Russu

Villa Centa

A partire dal 25 aprile la ronda aveva la stella rossa e tutti i collaborazionisti e i fascisti più compromessi, furono portati a Villa Centa, alle donne furono tagliati i capelli

Il gerarca fascista u sciu Italia segretario della sezione fascista di Savona, abitava dalla torre di Tasca, un altro gerarca era au Vinò un l’ea un Craviottu, per sfuggire ai partigiani dormì un mese nei boschi

Busan u Careghetta e altri convinti fascisti, si erano già allontanati da Varazze, dopo l’8 settembre.

In quei giorni ci fu un funerale, eravamo partiti presto da Cantalupo, per accompagnare la salma in parrocchia e poi al cimitero, ma fummo bloccati dai partigiani.

Io ero in testa con la croce, ci dissero di aspettare ad entrare nel camposanto, nella camera mortuaria

Dopo circa mezz’ora, ci lasciarono andare

Mi ricordo che c’era un camion e un uomo con il tubo dell’acqua, che lo stava lavando, si vedeva colare il sangue dal cassone.

Erano stati uccisi 13 fascisti

Ci fecero entrare nella camera mortuaria, ma non dovevamo andare dentro al cimitero

Ma si sa la curiosità aguzza l’ingegno e aspettai, in un momento di distrazione riuscii a vedere quei morti, qualcheduno era stato percosso,

Erano messi in fila nelle capelle laterali, quelle verso Savona riconobbi il vigile Cappello, era quello che ad una donna anziana delle Lenchè aveva rovesciato il secchio del latte in testa, dall’Assunta, davanti a tanta gente forse perché aveva detto qualcosa che non andava

continua

8)I Racconti di Paolo Baglietto U Russu

Gli americani a Varazze

Anche nel 45, i crocifissi non furono portati nella processione di S.Caterina

A partire dal 1942, si faceva la processione senza la cassa della Santa

Nel periodo bellico, le casse dei santi, furono portate in luoghi sicuri.

La cassa di S.Bartolomeo era ospite all’ Alpicella, anche S.Caterina doveva essere messa in salvo, ma quelli di Varazze dissero, che la statua era di quelli de Vase e se dovevano morire, volevano farlo insieme alla Santa e così è sempre rimasta nella sua cappella

Mentre invece l’Assunta, dopo il bombardamento del 42, fu portata a Cantalupo, insieme al Cristo e lì fu celebrata anche la festa, nel 44

Il crocifisso di S.Giuseppe, era ospite nella chiesa dell’Annunziata al Pero, mentre la cassa era a Casanova.

Nella processione di S.Caterina del 1945, il parroco disse che era di penitenza e quindi le confraternite non avevano i crocifissi e non indossavano le cappe

I convenuti alla processione, arrivati dove un tempo c’era la mutua, oggi le Poste, trovarono schierati i carri armati e una pala meccanica, molto grande era la divisione Buffalo, quella che per prima arrivò a Varazze

Era la prima volta che vedevo degli uomini di colore, erano seduti sopra i blindati, a guardare la processione

Gli americani arrivarono a Varazze il 30 di aprile, con l’ordine di far cessare le rappresaglie

La colonna dei carri armati, si mise in moto nel pomeriggio del giorno 30.

Li vidi sfilare oltre la punta dell’Aspera, verso Celle dove era stata fatto saltare in aria, u briccu da Cruscetta.

In due giorni ,riuscirono ad aprire una strada fra le macerie.

Nella loro avanzata, gli americani furono rallentati dal crollo del ponte sul Portigliolo, fatto saltare in aria il giorno 24 dai tedeschi.

Qui fu costruita una strada alternativa che scendeva e poi risaliva l’alveo del fiume.

Una parte della colonna mobile passò dal Deserto

continua

foto in b/n Archivio Storico Varagine

A Nivua du Paggiasin

A Varazze la neve vien dal mare.

Quando all’orizzonte compare una nuvola compatta bianca, bassa sull’orizzonte.

A Nivua du Paggiasin.

U Paggiasin u l’ea un Taggiaboschi, arrivava dal Lurbasco, a portar le tavole nei cantieri per fare i gozzi.

Lungo la Stra da Lese du Faiallo e della Gava, o da Ciampanu, Faje e Vase.

Partiva quando ancora era buio, doveva consegnare e Toe in Riva au Ma.

Solitamente si fermava a dormire una notte nel cantiere dei gozzi.

Un giorno invece decise di partire subito

“Paggiasin duvve ti ve a st’ua a perde a pelle sciu dai bricchi ?”

U Paggiasin rispose ” Megiu parti aua, ta veddi quella nivua in so ma? Stanotte u neiva.” e riparti con il suo bue, per i suoi bricchi.

A Nivua du Paggiasin

Il mattino dopo a Varazze in riva au ma u gh’ea tre die de neive.

Sta cosa de na otta me l’han cunto’ u Cantune’ Ranghettu, Stella e Mariarosa.

Sentita da Pippo Ferrando tramandata da Dante Ferro a cui u Paggiasin portava le tavole.

7) I Racconti di Paolo Baglietto U Russu

Aprile 1945

Verso la fine di aprile del 45, i tedeschi andarono via, anche quelli che erano al posto di osservazione della Crocetta

Il 23 aprile, nella notte, si sentiva sparare, si pensava che fosse la ronda, perché ogni tanto sparavano per aria, per mettere paura alla gente

Al mattino mio papà ritornò a casa dal lavoro

“U Perata u m”ha ditu che anco’ nu se travaggia”

Successe come l’8 settembre, i San Marco, cercavano un paio di pantaloni borghesi e una camicia, per poter scappare

C’erano i partigiani, il loro capo Ghiggiuttin, si insediò al posto del podestà

Il giorno dopo, iniziarono a cercare i fascisti, che però erano scappati insieme ai tedeschi

I crucchi si erano uniti ai loro commilitoni provenienti da Genova e volevano andare verso il Cadibona, ma avendo saputo che era presidiato dai partigiani allora si sono diretti sciu da teiru.

E poi avevano fatto saltare in aria la Crocetta di Celle.

Al mattino del 24, andai a scuola, facevo la 4 elementare nelle Valli, come entriamo in classe, mancavano parecchi compagni di scuola, quella mattina c’erano solo una decina di bambini, la maestra ci disse di restare lì e poi “Se mi promettete che andate diritti a casa, oggi non facciamo lezione e anche domani, niente scuola”

Felice di non fare lezione, tornai a casa e dissi a mia madre, vado au Rivà da mio nonna.

Arrivato lì chiesi dov’è la zia Nita.

Era in tu Riviascu a fo u giassu è nell’ultimo traliccio, prima del monte Zucchero, arrivai verso le 11, io mi misi a giocare con le cuccalle degli alberi.

Ad un certo punto, ho visto davanti a me le punte delle eriche cadere a terra, dopo un po’ ho sentito il rumore degli spari.

Io non mi resi conto di che cosa stava succedendo, finchè non mi cadde un ramo di pino in testa

Lanciai un grido di allarme a Nita! “Mian che ne sparan!”

Sono scappato verso Castagnabuona; insieme a mia zia Quando siamo stati più in basso è arrivata un’altra raffica e dove stavo giocando, gli spari avevano raso al suolo la vegetazione

I tedeschi che stavano scappando, lungo la carrabile del Teiro ci avevano visto e pensavano che eravamo dei partigiani.

Capii una cosa

Se ti sparano addosso, sei già morto, prima di sentire il rumore

Erano gli stessi tedeschi, che dopo poco fecero saltare la mina di S. Anna, per coprirsi la via di fuga e poi anche al Salto fecero saltare un pezzo di strada.

continua

foto b/n Archivio Storico Varagine

6) I Racconti di Paolo Baglietto U Russu

Nettin

Nel Crocevia du Vino’ ci sono quattro strade per il Parasio, il Teiro a Balina e u Sucau

Nella strada verso a Balina ad certo punto ci sono dei precipizi poi la strada continua e arriva in te Rue dove cè un rudere di una casa.

Dietro al bricco Riviasco e le Rue ci sono i Saverghi li c’era una tubazione, che portava l’acqua fino al Vinò,

Un’altra vallata è chiamata e Tane e in effetti ci sono delle pietre che sono tane per animali, di fronte a S.Anna, lì mio papà aveva dei prati e erano gli ultimi di cantalupo

Me lalla a m’ha ditu, “Vegni cun mi a mascinò u gran au Pei” e io ero contento di andare con lei

Si doveva passare per bosco perche i fascisti potevano prenderci il grano.

Arrivati di fronte al mulino prima di oltrepassare il Teiro, sopra delle pietre, mia zia mi dice “Vai un po’ a trovare Nettin, mia un pò cussa a te disce, io resto qua a fare la guardia al sacco”

Sono andato “Ciao Nettin cumme a va?”

“ Vanni via !!! “dei braggi du 70!

“Vattene via che non ti voglio più vedere!! Vanni via!!”

Era arrabiata come non l’avevo mai vista, ma io non le avevo fatto niente, l’avevo solo salutata, mi sono fermato in fondo alla scala

“T’Ho ditu che ti vagghi via !”

Mi sembra di vederla ancora e così sono scappato e sono andato da mia zia

“Nettin mi ha detto che me ne vada”

Mia zia mi disse “Fai un po’ la guardia al sacco” e sparì

Dopo un pò è ritornata e siamo ritornati con il sacco che pesava almeno 50kg a Cantalupo.

Poi mi disse che dovevano arrivare i fascisti al mulino

E così Nettin ci ha salvato, ma questo l’ho capito dopo la guerra, quando la gente poteva raccontare le cose senza più la paura di esser denunciata.

continua

U Giardin de Pria du Cerruti

Da Bin la natura, sta ricoprendo questi manufatti, donandogli un’aspetto misterioso

Queste costruzioni possono essere considerate opere d’arte? Una sorta di Modernismo Locale?

Visitando questo posto, si percepisce la passione, la fantasia, di tante pietre tenute assieme con perizia, per dare forme ad un’idea, una visione, che mutava, mentre la costruzione prendeva forma.

Le ha costruite Benito Cerruti, per diletto, forse ispirandosi a Gaudi’ creando, muri, nicchie, cupole, merli, fontane, pozzi.

Oggi la natura le sta fagocitando, rendendo tutto molto suggestivo

Ringrazio e pubblico il commento di Mimmo Lombezzi

E’ l’Angkor Wat di Alpicella. Cerruti ha impiegato 17 anni per costruirlo portando sul posto le pietre e cementandole. Davanti al “tempio” aveva costruito anche un piccolo “salotto” fatto di rami intrecciati con un lavandino, un tavolo e due sedie dove pranzava con la moglie. Considerato burbero si rivelò invece gentilissimo quando mio figlio gli chiese il permesso di istallare un campo scout nel terreno continguo al tempio.

5) I Racconti di Paolo Baglietto U Russu

U Vigno’

A villa Doria, a Ca da scia Marianna, abitava una erede della famiglia Doria, il marito di lei era ebreo e quando veniva un prete da Varazze a dir messa a S. Anna, lui restava fuori dalla chiesetta e si sedeva sui gradini.

Aspettando la moglie, che era a messa, intratteneva gli abitanti du Rivà e di Baggetti, che erano rimasti fuori dalla chiesa e faceva ridere

Scherzando, dicevano che era il diavolo e che gli ebrei mangiavano i bambini

E allora, io bambino avevo paura e quando lo vedevo scappavo

Il coprifuoco era alle 7 di sera, andavo a prendere il latte da mia nonna au Rivà, non prima di aver giocato sulla piazza di Cantalupo, poi verso le 8 andavo

Arrivato da ca du Tumata, c’erano i tedeschi di guardia, che poi ho saputo che erano polacchi ,e ogni volta che passavo, anche oltre l’orario del coprifuoco, non mi dicevano niente

Una sera che arrivai un po’ più tardi, la sentinella mi disse: “Ragazzo, quando scendi giù dalla cava, mettiti a fischiare perché io so che sei tu, ma se c’è un altro commilitone che non ti conosce quello ti spara”

E cosi, arrivato dalla cava, io iniziavo a fischiare

La strada passava dalla cava, arrivava al niccio della Madonna della Neve e con un ciappin de prie scendeva al troggiu e da lì saliva al Vinò

Qui durante la guerra passavano con i carri, in una fascia

Dal piazzale du Vinò, parte una stradina a sinistra in piano che arriva au Curnò, qui ci passavano quelli che portavano a macinare il grano, al Pero passando in ta Balina

continua