I Canuin du Spurtigiò

A sciumea du Spurtigiò, nasce da a Ciusa d’Invrea duvve arrivan l’Aniun e u rian da Ciusa.

  La zona, dalla foce du Spurtigiò, alla Costata, era anticamente chiamata del Latronorium, descritta anche da Dante, come una cupa foresta, infestata da animali e da predoni.

Poi, con lo sfruttamento del bosco, ma soprattutto con i ripetuti incendi degli anni 90 e quello disastroso del 2011, gli acclivi pendii che precipitano nell’Aniun si sono inariditi e le alture, sono oggi colonizzate da arbusti e da migliaia di Pinaster, pino marittimo. Alcune zone prative, nella borgata della Costata, sono coltivate a ortaggi e frutta.

A seguito delle attività umana, evidenziate anche da una fornace, per la cottura dei mattoni, in località Costata, le antiche mulattiere si
erano trasformate in una strada carrabile, che univa la località Piani di S.Giacomo alla direttrice Sciarborasca -Deserto – Muraglione.

Ma in tempi remoti questa viabilità serviva a ben altri scopi.

Il termine dialettale Spurtigiò, si riferisce a porticciolo, piccolo attracco.

Diverse vicissitudini storiche, hanno trasformato la destinazione d’uso del Portigliolo.

Alla foce du Spurtigiò, vi era un’ampia insenatura, che offriva riparo e attracco per le navi mercantili. In epoca romana, questo scalo era dedito, al carico della calce, cotta nelle fornaci di Cogolitus.

U Spurtigiò, divenne in seguito covo di pirati e di loschi traffici, poi solo un porticciolo, dove movimentare merci di ogni tipo, scaricate e trasportate lungo la strada di Beffadosso, fino al crocevia di Costata, dove si dipartiva la via romana Emilia Scauri.

Le foto dell’epoca, ritraggono le tipiche piccole case di pescatori, uno di questi edifici divenne sede di una fabbrica di gallette, per marinai, citata anche da Eugenio Montale in un suo scritto.

La leggenda dice, che qui arrivò, via mare il grande crocifisso bifronte, presente nella chiesa di S.Maria in Latronorio, all’interno del Castello d’Invrea, il maestoso edificio che domina questa parte di litorale.

Le esondazioni del Portigliolo, del 2002 e 2010, distrussero un campeggio e delle infrastrutture turistiche ricettive.

Oggi la zona del Spurtigiò è in stato di abbandono, vi regna lo scempio e il degrado. E’ stato presentato un progetto, di riqualificazione, dove è previsto altro cemento vista mare, con la costruzione di alcuni immobili ad uso seconde case.

In uno stato di abbandono, è anche la viabilità di Beffadosso, che in pratica oggi termina in località Costata, a causa di remoti eventi alluvionali che hanno divelto il sedime stradale, rendendo impraticabile il transito anche ai mezzi fuoristrada in direzione di Isola del Deserto.

Ad oggi, questo collegamento viario, di vitale importanza non è stato ripristinato.

L’imponente frana di Beffadosso, isolò per una decina di giorni, le famiglie e le attività, della borgata di Costata, nel novembre del 2018.

Ci fu un periodo storico, dove tutte le strade, che collegavano la riviera, con l’entroterra erano tenute nella massima considerazione.

 Ma non per la comodità degli spostamenti, di chi abitava nella fascia pedemontana, alle falde del massiccio del Beigua.

Con Giuseppe Vernazza, raggiungiamo in auto, la località di S.Giacomo, dove la sua famiglia, ancora negli anni 60, era dedita alle coltivazioni, in quel grande pianoro, famoso per le sue primizie, in primis tumate e merelli.

Le coltivazioni erano irrigate, da quella mirabile opera idraulica, costruita dai Vallombrosiani, che portava l’acqua, tramite un beo, dalle alture a quei campi coltivati.

Io e Giuseppe, siamo ex colleghi Enel,  insieme rivanghiamo i ricordi di altri nostri colleghi e di un mondo, quello dell’ex colosso dell’energia, smembrato e ridimensionato, ad uso profitto privato.

Ringrazio Giuseppe, classe 1948, che mi ha raccontato molte delle cose che illustro in questo post.

 Nel dopoguerra ci fu l’economia del recupero dei molti materiali, usati in abbondanza, per fortificare le difese costiere, armi e opere di difesa in acciaio erano smontate o tagliate sul posto tramite l’uso di un cannello ossiacetilenico

 Erano smontati anche i baraccamenti in legno, poi ricostruiti in altri luoghi ad uso ricovero attrezzi magazzini o per allevamenti animali.

Giuseppe e’ stato testimone dei cambiamenti dei Piani di S. Giacomo, una stupenda terrazza sul mare, oggi centro residenziale, mi parla della chiesa di S.Giacomo in Latronorio, che era sconsacrata e utilizzata dalla sua famiglia come deposito di fieno e attrezzi.

Pausa caffe all’autogrill Pavesi dove Giuseppe, mi racconta di altri cambiamenti quelli dovuti alla lottizzazione dei
Piani d’Invrea

Nel periodo bellico, in questa zona che degradava verso il mare, alternando zone terrazzate e coltivate a boschi di macchia mediterranea, c’erano le batterie costiere armate con cannoni tedeschi, un POC Postazione di osservazione costiera diversi baraccamenti e tende a uso caserma.

Qui i militari tedeschi avevano un gruppo elettrogeno, il cui basamento è ancora visibile, nei pressi della rampa stradale, che scende verso il Lungomare Europa.

Un’altro basamento ospitava l’apparecchio, per l’intercettazione degli aerei nemici l’aerofono, buffo strumento per intercettare gli aerei in volo, che provenienti dalle basi aeree della Corsica, sorvolavano questa località per andare a bombardare le grandi città del nord.

Ma era anche luogo di svago con il Cabiria, locale da ballo al cospetto di uno spettacolare panorama.

Dominava questa parte della città ed era sede del comando tedesco, il Castello d’Invrea.

Fu solo a seguito dell’esito degli avvenimenti bellici, di una guerra ormai irreparabilmente persa, che gli strateghi nazifascisti pensarono come proteggere la loro inevitabile ritirata, visto lo strapotere militare e tecnologico degli alleati.

Tutte le viabilità carrabili o pedonali, che potevano raggiungere e valicare i nostri monti, erano state censite, mantenute in efficienza, protette da postazioni armate e naturalmente minate, per evitare di essere inseguiti e presi alle spalle.

A fine del 1944 gli alleati avevano ripreso a salire la penisola e stavano per sfondare la linea Gotica, i comandi nazifascisti in questa parte del Vallo Ligure fortificarono le via di fuga verso nord, intensificarono la lotta contro la resistenza, con una serie di sanguinosi rastrellamenti, terrorizzando la popolazione locale, furono minati tutti i principali collegamenti viari

Nella galleria Invrea, della linea ferrata, sono ancora visibili i fornelli da mina che erano pronti per esplodere.

La via Aurelia minata in diversi punti per interrompere il transito delle colonne militari alleate, fu minato e poi fatto brillare anche il ponte sul torrente Portigliolo.

Minata anche la strada che dai Piani di S.Giacomo, poteva arrivare a Varazze dalla direttrice Deserto-Muraglione, durante questa operazione un militare italiano, perse la vita, investito dall’esplosione di una mina antiuomo inavvertitamente calpestata 

In sponda destra del torrente Portigliolo, nella zona poi identificata come i Canuin, furono costruite tre piazzole per arma da fuoco, due furono armate con grandi obici, capaci di raggiungere eventuali navi sottocosta, ma soprattutto di tenere sotto tiro, il centro abitato di Cogoleto, dove era particolarmente attiva la lotta partigiana ,e le sottostanti viabilità ferroviaria e stradale che oltrepassavano il torrente Portigliolo.

Obice Ansaldo 149/19 OTO Mod. 1937

Gli obici montati su ruote nascosti alla vista, erano diretti nel tiro dall’osservatorio d’Invrea, gli obici potevano
ruotare nelle grandi piazzole e avere un ampio ventaglio di tiro.

Oggi della postazione dei Canuin restano i ruderi delle piazzole della rampa di accesso, dei rifugi per soldati, depositi di munizioni e di alcuni parapetti.

Al cospetto di queste opere militari, si pensa sempre al lavoro che è stato fatto, agli scavi per spianare questi ripidi pendii per costruire delle postazioni per armi da fuoco e una strada carrabile di accesso alle postazioni, fatiche, sperpero di risorse, cose inutili, per un paese già allo stremo, per una guerra che era persa da almeno un paio di anni

Un regime sanguinario, che volle il sacrificio di giovani vite, solo per vanagloria con l’alleato germanico.

 Questo punto di fuoco era presidiato unicamente dalle forze armate italiane e la zona delle baracche per i soldati di stanza nel caposaldo dei Canuin, ebbe l’appelativo di, l’Italia

Per la logistica, necessaria per fortificare questa zona fu utilizzata ampliandola e modificandola, l’antica viabilità che all’epoca dei Centurioni, con un beo, alimentato dalla Ciusa, portava l’acqua al castello d’Invrea.

Oggi il canale è sostituito da una tubazione in polietilene e arriva ad una grande vasca di raccolta ad uso irriguo.

All’inizio della stradina un suggestivo presepio forse un ex voto.

foto b/n Archivio Fotografico Varagine

Lascia un commento