I Scarabocci de S.Duno’

La collina di S.Donato, oggi è un’oasi di pace e tranquillità, che io ritrovo sempre, quando arrivo al cospetto di questo luogo di culto, immerso fra i lecci, che avvolgono, quasi nascondono la chiesa, ma che attutiscono il rumore di fondo delle attività umane.

Tutte le vicissitudini storiche, forse non sufficientemente indagate, che si sono perpetrate, su questo colle per secoli, hanno lasciato una sorta di sedime, su di cui regna finalmente una pace, rispettosa di tante vicende umane vissute, su questo piccolo cocuzzolo, spianato dagli insediamenti dei primi esseri umani, arrivati da chissà dove, e che per primi hanno qui fondato un punto nevralgico di osservazione e di comunicazione.

 Da qui sono transitati, in direzione dei primo nucleo urbano della nostra città, viandanti, soldataglie, commercianti, ma vi erano anche appestati, storpi a reclamar un pezzo di pane, ai primi cristiani che si insediarono su questo colle, costruendo la prima pieve cristiana della città, demolendo un antico luogo di culto pagano e chissà che altro ancora di quelle vestigia A.C.

La storia, nel suo incessante lavorio, muta i luoghi frequentati dagli umani, la costruzione di una nuova viabilità, di un nuovo nucleo urbano e di un’altra chiesa, sulla collina di Tasca a Varagine, fu causa della decadenza di questo sito.

A Fabrica vista da S.Dunò

Il colle perse la sua supremazia e sarà muto testimone, delle modifiche a seguito delle attività umane, operate nel Sciù da Teiru, specie in prossimità dell’alveo del fiume, dove a partire dalla fine dell’800, si insediò la zona industriale della città, suggellata dalla costruzione del Cotonificio Ligure, che diede impulso per altre attività, il cosiddetto indotto.

Il gigantesco insediamento tessile, ben visibile da S.Dunò, per un secolo fornì lavoro a molte famiglie della città, ma anche dei paesi limitrofi.

Le donne, diventarono parte attiva e importante di questo nuovo insediamento industrale..

Operaie della Fabrica

Dal 1900 al 1920, il personale femminile del Cotonificio Ligure di Varazze superava le 500 unità, di cui circa 300 erano di Varazze e frazioni. Delle restanti 200 circa la metà provenivano dai comuni limitrofi, le altre anche da Alessandria, Voghera, Cuneo ecc. per queste donne lavoratrici che provenivano da fuori regione, la proprietà aveva trovato degli alloggi in località Muinetti, dalle suore della Provvidenza e poi nel Palassu da Fabrica edificato appositamente per le maestranze del Cotonificio, nel 1925.

Non esistevano mezzi di trasporto pubblico e alle 10/12 ore di lavoro in fabbrica bisognava aggiungerne altre di cammino per chi da, Sciarborasca Cogoleto Arenzano o Celle, in qualsiasi condizioni climatiche su sentieri e strade impervi dell’entroterra doveva arrivare al Cotonificio.

L’organico femminile era composto perlopiù da ragazze, ed erano poche quelle che avevano più di 21 anni. Il 20% del personale femminile erano bambine di 12/13 anni.

Oggi si stringe il cuore, a pensare a queste ragazzine chiuse per 10/12 ore in un’ambiente insalubre di polveri e agenti chimici, soggette al freddo invernale e al caldo torrido.

Alle più piccoline, basse di statura era messo uno sgabello sotto ai piedi, per arrivare ai telai

Giovanissimi dipendenti del Cotonificio Ligure del 1910 è tratta dal bel libro di Lorenzo Arecco “Cotonificio Ligure”

La durata media del rapporto di lavoro di queste lavoratrici, era di circa 4 anni, il tempo necessario per accumulare i soldi del corredo da sposa.

 Il licenziamento in tronco colpiva specialmente le maestranze femminili, le donne erano le prime ad essere lasciate a casa, se doveva essere ridotta la forza lavoro, oppure per malattia anche a causa delle dure condizioni di lavoro, se una donna era cagionevole di salute “non rendeva” allora era licenziata.

Una grande percentuale di lavoratrici, lasciava il lavoro a causa di motivi di famiglia per accudire dei famigliari indigenti o a seguito di matrimonio, quando dovevano quasi da subito allevò na nio de figgi.

Oggi di quel periodo storico industriale, sono rimasti i racconti dei nonni, famigliari o conoscenti che hanno vissuto in quegli anni, ma del passato quello più remoto, esiste solo la bella pubblicazione di Lorenzo Arecco “Cotonificio Ligure” ricco di dati e cenni storici.

Quello fu un periodo fecondo, per l’economia della nostra città, ma non solo, anche dal punto di vista demografico, a seguito degli esodi di queste maestranze, si formarono nuove famiglie.

Del Cotonificio Ligure, non esiste più alcuna traccia, ma esiste un luogo del cuore, dove sono custodite le testimonianze di quel pezzo di storia che ha vissuto la nostra comunità.

Nei primi anni del 900, dopo l’apertura del varco, che facilitava il collegamento del Sciu da Teiru con la città di Varazze, il Colle di S.Donato continuava ad essere unito alla via Bianca, con la costruzione di un ponte in legno che sovrastava la viabilità da e verso il Parasio.

Sul Puntin transitavano le maestranze provenienti dal nostro entroterra, che dovevano raggiungere il Cotonificio Ligure.

Ma perché allungavano ulteriormente il già lungo tragitto che dovevano fare ogni giorno?

Era più semplice e meno dispendioso, proseguire la via Bianca, scendere ai Muinetti e poi attraversare il Teiro, sopra il ponte fatto costruire proprio davanti all’ingresso dello stabilimento.

Perchè si faceva questa deviazione?

Forse per una preghiera o un segno della croce davanti alla chiesa?

A Lomellina a Fabrica e San Dunò e u Teiru

Il colle di S.Donato era un punto di ritrovo, per le funzioni religiose i sacramenti e le feste dei Santi, le famiglie del circondario si ritrovavano qui nella piazzetta della chiesa, per un momento conviviale, sul sagrato, in tu Praettu dietro alla chiesa o nelle fasce sottostanti, si consumavano frugali pasti, portati fin li da casa, che poi con il passare degli anni diventarono anche pranzi di matrimonio all’aria aperta.

Il doppio accesso al colle, tramite due opposte scalinate, la bella piazzetta, e un certo non so che, di misterioso, dovuto ai visibili segni di antiche frequentazioni suggestionava chi arriva al cospetto di questo luogo di culto.

 Certo il fattore religioso, era molto importante a quei tempi, ma quando si è giovani sono gli ormoni che decidono per noi.

Il colle di S.Donato, era luogo di aggregazione giovanile, all’inizio o al termine della giornata di lavoro in Fabrica, si aspettava qui, su questa altura, l’amico/a collega di lavoro diventato qualcosa di più, per una promessa d’amore, suggelata con un’incisione, sopra l’intonaco della chiesa e magari resa più intima, appartandosi fra le frasche del colle.

Alcune scritte sono state fatte, issando in qualche modo l’incisore ad un’altezza ragguardevole. Altre scritte più semplicemente sono state fatte da ragazzi o bambini, probabilmente già operai da Fabrica, ognuno aveva la sua chance l’occasione di lasciare la sua firma ai posteri, tanto….. “così fan tutti”.

I scarabocci de S.Dunò, sono un “Luogo del Cuore”, un pezzo di storia della nostra comunità, che si spera, non venga dimenticato o peggio cancellato, da qualche, già prevista, riqualificazione edilizia! Sarebbe un’altra dimostrazione di mancato rispetto, del nostro passato e del disprezzo, verso chi ha vissuto su questo colle, un pezzo della sua vita a rincorre un pò di felicita di una vita grama, fatta di tanto lavoro, fatica e malattie. Giovanni Martini.

Al cospetto di questi muri, così fittamente incisi, bisogna rinunciare al solito banale detto, oggi opinione di molti, che siano solo scarabocchi in spregio ad un luogo di culto!

Abbandoniamo per un attimo questi stereotipi, pensiamo a quegli anni, ai tanti giovani, soprattutto tante ragazze adolescenti ma anche di 10/12 anni, che non hanno mai vissuto la loro età.

Ragazze e donne che qui transitavano e arrivate a questa altura, avevano la vista severa, di quell’immenso stabilimento, laggiù dove il Teiro, fa ancora una curva, l’ultima prima del mare, in quei capannoni dove dovevano star rinchiuse per 10/12 ore, moltiplicate per una settimana lavorativa di sei giorni, frastornate dal rumore di 800 telai, tra calore, fatica, sudore e molti pericoli.

Nei muri della chiesa di S.Donato, sono incisi molti nomi, molte sono promesse d’amore, nomi racchiusi in un cuore con tanto di freccia che lo trafigge, chissà chi sono Gianni e Milena, Maurizia, Emma, Maria Teresa, Giuseppe e centinaia di altri nomi e quelle due E racchiuse da un cuore eseguito con grande cura e poi trafitto con una freccia, quali erano quei due nomi, racchiusi in quel simbolo d’amore?

 Ancora altri cuori, cerchi triangoli e le casette simboli di una promessa di matrimonio e di una vita a due, tante scritte sovrapposte stratificate dal tempo, alcune cancellate, forse volutamente per una promessa non mantenuta, altre da decifrare e che cosa è successo il 10-4-1924?

Questo è un Luogo del Cuore della nostra città!

A mio parere può essere interessante recarsi sul luogo, per alcune foto, da poter essere poi ingrandite in un secondo momento, come ho fatto io, scoprendo particolari non visibili ad occhio nudo.

Come non percepire al cospetto di queste incisioni la presenza di una grande umanità, una moltitudine di persone adulte e bambini, prima di noi in questo angolo di mondo, è ancora qui presente su questo Colle con il suo nome inciso.

Sarebbe una cosa bella, per la storia della nostra comunità, fare una mappatura di queste incisioni, si potrebbero scoprire curiosità, annedoti e magari qualcheduno, potrebbe riconoscere il nome inciso di qualche parente nonno o bisnonno e avere qualche storia da raccontare.

Le più antiche datazioni, incise sembrano essere degli anni 20 dello scorso secolo.

Lapide del sacerdote Pietro Craviotto Augustini

Come non notare, a questo punto altre incisioni, belle, autorevoli e su marmo, sono quelle che danno risalto ad un illustre sacerdote e l’altra quella grande e ben manutenuta, che commemora il battesimo del nostro più illustre, fino ad oggi, nativo di questo territorio, il Beato Jacopo, che proprio in questa pieve, in antichità facente parte del mandamento di Casanova, ricevette il sacramento battesimale, reso eterno ai posteri, dalle parole incise nella bella lapide di marmo bianco.

Targa in marmo battesimo Beato Jacopo da Varagine

Giacomo De Fazio, il Beato Jacopo narrò nella Legenda Aurea la vita dei santi.

Mi chiedo, al cospetto di tutte quelle incisioni, nomi di persone, date e simboli incisi nell’intonaco di questo luogo di culto, perchè non è mai stata scritta la storia della vita, di almeno uno di loro, poveri cristi, che della loro esistenza terrena, non ci resta altro che un nome inciso nella calce?

Sarà stata un’esistenza, terrena, reale, senza gloria, ma esemplare onesta e da elogiare, come quella dei Santi, fatta di tanto lavoro, di stenti e di sacrifici pe tiò sciù na niò de figgi, figli a cui trasmettere un pò meno sofferenza fatica e fame da loro patita.

Ma c’erano anche momenti di gioia, quella semplice quotidiana della gente “di tutti i giorni” dopo una giornata di lavoro, di solidarietà, di voglia di vita, giornate spensierate, trascorse su questo colle, suggellate da una data e da un nome inciso a perenne memoria, sul muro di questa chiesa .

Biasimo ancora, a distanza di tempo chi, alla mia domanda, come mai non sono mai state scritte quelle storie? Mi rispose che quelle furono vite insignificanti, non degne di essere descritte!

Le foto in B/N sono dell’Archivio Fotografico Varagine, la foto dei Giovanissimi dipendenti del Cotonificio Ligure del 1910 è tratta dal bel libro di Lorenzo Arecco “Cotonificio Ligure”

2 pensieri riguardo “I Scarabocci de S.Duno’”

  1. Mia mamma da giovanissima lavorava presso il cotonificio…ci resto poco perché poi andò alla fabbrica di scarpe..veni a in giù a Varazze dall’ Alpicella in bicicletta…le strade però non erano asfaltate come adesso….e mi ricordo qualche aneddoto simpatico che ci raccontava…l errore che si commette spesso è di ascoltare poco i racconti per he da giovani abbiamo la testa altrove…poi morti gli anziani ci dispiace non aver ascoltato meglio….Quindi sbaglia in pieno chi le ha detto che quelle vite erano senza importanza e sarebbe stato uno spreco scrivere su di loro..le vite non sono mai banali.. mai. Eppure sbagliamo sempre ricordandoci solo dei grandi anche se la storia la facciamo un po’ tutti

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