A Ciusa du Spurtigiò

A Ciusa du Sputigiò

A Ciusa du Spurtigiò a l’è in te un postu servegu.

Per arrivarci e fare quattro passi nella natura, immersi nelle sempre poco ammirate biodiversità, al cospetto di imponenti opere idrauliche …….ai Piani d’Ivrea, c’è una stradina con tutti i presupposti e requisiti, che in mezz’ora a piedi ci porta alla confluenza tra il rio Ciusa e il rio Arenon.

I due rian, sbarrati dalla bella Ciusa du Spurtigiò, mischiano le loro acque formando il torrente Portigliolo.

Il segnavia da dove iniziare questo percorso è un bel pino marittimo di fronte al civico.111 di via Genova.

Da qui parte una strada sterrata, carrabile, che in circa 5 minuti di percorso pianeggiante a piedi, arriva dopo una leggera discesa ad un bivio.

Prendiamo il sentiero di sinistra, dove parallela corre la tubazione dell’acqua che riempie una vasca per irrigazione e alimenta l’acquedotto cittadino.

Il percorso è completamente in piano, con un buon fondo compatto ed esente da pietrame.

E’ necessario prestare sempre attenzione ai bordi della stradina, dove la vegetazione può nascondere alla vista il limite esterno, del piano calpestabile.

Alla nostra destra in basso serpeggia il tratto finale del torrente Portigliolo, sovrastato dai due rami autostradali.

In uno dei suoi meandri, in corrispondenza dei piloni, l’alveo è stato cementato per evitare che le piene del fiume scavino intorno basamenti del viadotto nord.

Si continua circondati dalla macchia mediterranea bella nella sua biodiversità, in ogni stagione con i diversi colori dei suoi fiori.

Si attraversa un boschetto di roverelle e l’autostrada scompare alla vista, in una galleria, ora si sente finalmente il rumore dell’acqua, che scende dalle rocce forma cascate e precipita in alcuni laghetti.

L’ ambiente è “servego” la vegetazione, dopo i devastanti incendi degli anni novanta è rimasta come bloccata nella crescita, sono innumerevoli e molto ravvicinati gli alberi e gli arbusti, cresciuti disordinatamente e una mancata opera di diradamento, li obbliga ad una crescita lentissima.

Non rivedremo mai più le magnifiche pinete che dalla Madonna della Guardia scendevano verso le Sevizze e l’Arenon.

Gli scritti più antichi, citano con terrore questa zona, dove c’era la tanto temuta selva del Latronorium, regno di animali selvatici e rifugio di malviventi, dove solo pochi temerari osavano avventurarsi !

Una curva, ci porta al cospetto dell’opera di presa, con la bella cascata e relativo lago.

Poco oltre la confluenza dei due rii, la tubazione in plastica prima contenuta all’interno dell’ex canale, prosegue in bella vista in direzione del rio Ciusa, toponimo relativo ad una probabile diga a monte di questa confluenza.

Arduo seguire il corso di questo rian, lascio a chi vuole avventurarsi e fare del torrentismo, la gioia di un’eventuale scoperta di antichi manufatti , ma mai da soli, ben equipaggiati e in buona forma fisica!

Chissà forse potrebbe essere svelato un mistero del nostro entroterra

E scoprire che il rian della Ciusa è il punto di arrivo di quella mastodontica opera idraulica, che prelevava l’acqua tramite un beo dal rian de Gambin appena sotto le Faje.

Il canale, in località Muagiun sovrapassava la strada e poi arrivato alla Ramognina, proseguiva per alimentare le vasche di irrigazione dei Centurioni ai Piani d’Invrea

Di quest’opera ciclopica, sono rimasti pochi resti a stento visibili, sepolti o inglobati nella vegetazione.

Scomparsa alla vista e persa per sempre anche nella memoria della nostra comunità, che dovrebbe mantenere sempre vivo il ricordo delle passate generazioni, che tanta dedizione, lavoro, fatica e ingegno hanno profuso sciu dai bricchi o in te na sciumea.

Alla Ciusa du Spurtigiò sono presenti, ma abbandonati, tre orti estivi, con ancora i tutori per pomodori e due zappe che invano aspettano chi le voglia ancora alzare, una pianta di basilico cresciuta spontanea, mi avvisa con il suo aroma che l’ ho calpestata.

Un po’ di tristezza mi assale, pensando, chi erano le persone che sono arrivate fino qua in questo posto servego, per farsi l’orto e se ancora qualcheduno scenderà dalla soprastante strada di Beffadosso, per ciattelò, fo di surchi e sceguò sti orti, insemme a n’otru besagnin

Con cotanto gorgoglio d’acqua mi è venuto sete e allora bevo qualche sorso d’acqua, fresca e dissetante, più tardi sulla via del ritorno mi sovviene pensare che il rio Arenon dove ho bevuto, è quello che lambisce la discarica della Ramognina….

Anche in questo posto servegu, generazioni di nostri concittadini con il loro lavoro fatica e ingegno hanno reso possibile questo bel percorso, uomini che hanno scavato e messo pietra su pietra costruito muri e sbarramenti per raccogliere l’acqua e intubarla per raggiungere i nostri brunsin.

Alcune deviazioni in salita portano ad intercettare il sentiero che sale alla Madonna della Guardia.

Questo sentiero era una frequentata via di comunicazione e come tutte ha le sue testimonianze di fede, rappresentata in questo caso da una maddonetta incastonata fra le pietre a inizio sentiero.

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