
Nella seconda metà dell’800, una terribile malattia, colpì e annientò gran parte degli oliveti e dei vigneti.
Fu l’inizio di un periodo catastrofico, per l’economia della città.
Poco tempo dopo anche i due principali settori, su cui era basata l’economia della nostra cittadina, entrarono in crisi e nel volgere di un trentennio, furono drasticamente ridimensionati.

Le prime ad entrare in crisi, furono le cartiere, a partire dal 1865, con un effetto domino, quasi tutte furono costrette a chiudere, la principale causa, fu l’aumento del prezzo degli stracci, la materia prima per la fabbricazione della carta.

Altre concause, furono i metodi antiquati di produzione, la concorrenza straniera e un losco commercio di pezzame, dove gli stracci italiani erano esportati all’estero, tutti questi fattori, decretarono la fine di una secolare attività lungo l’asta del Teiro.

Dieci anni dopo, entrò in crisi l’altro settore trainante, la cantieristica navale, anche in questo caso, furono le rivoluzioni tecniche a decretarne la fine, prima con le navi a vapore e in seguito con utilizzo consolidato dell’acciaio per lo scafo.

A partire dal 1875 i cantieri navali di Varazze, eredi di una tradizione millenaria abbandonarono uno dopo l’altro la spiaggia della città.
Fu la fine per i lavoratori diretti e dell’indotto di questa industria.
Per molte famiglie di Varazze, costrette alla fame, fu giocoforza cercar lavoro fuori città, ad emigrare, i primi furono i contadini, a seguire pescatori e marinai. Le mete preferite furono le Americhe Argentina, Uruguay, Venezuela e Paraguay.

Chi non volle fare la transoceanica emigrò in Francia e in Spagna, un discreto numero di Varazzesi emigrò in Algeria.
A fine secolo, ci fu un’altra ondata di emigranti, erano gli addetti alla cantieristica navale, maestri d’ascia, calafati e gli ex operai delle cartiere, anche la loro meta fu l’America latina, Argentina, Uruguay, Perù, Panama e Cile, molti anche quelli che chiesero il visto per entrare negli Stati Uniti, quasi tutti diretti in California.
Alcune famiglie raggiunsero anche l’Estremo Oriente.
In totale a partire dal 1854 al 1881 circa 2700 cittadini furono costretti ad emigrare insieme alle loro famiglie.
L’amministrazione locale cercò, una qualche via di uscita, dallo stato di grave crisi occupazionale ed economica della città.
Furono esaminate alcune proposte, di insediamenti produttivi.

Dopo alcune trattative non andate a buon fine con alcuni imprenditori di industrie meccaniche, fu stipulato una convenzione con la società Figari e Bixio, per la costruzione di un cotonificio, l’accordo fu finanziato da parte del Comune con 31.500 lire per l’acquisto dei terreni, l’ente si sobbarco’ anche l’onere del rifacimento delle strade di accesso allo stabilimento.

Il cotonificio entrò in funzione nel 1885 e garantì per circa un secolo una buona occupazione per le famiglie di Varazze.
La crisi della cantieristica liberò quasi completamente l’arenile della città.
Il primo stabilimento balneare di Varazze fu quello di Domenico Botta inaugurato nel luglio del 1887 e intitolato alla Regina Margherita, nei mesi successivi si affiancarono altri bagni, quelli dei Pimpinelli, Messè, Ranghettu, Dentin, Barilon Bepillu u Cioccu.

Fu una fortunata intuizione del sig. Botta che diede una svolta all’economia della città. Varazze divento’ una meta turistica, merito della ferrovia delle sue spiagge, del clima ma anche al suo entroterra e dei suoi prodotti.

Questa è la storia, poi ci sono le leggende/dicerie cittadine che raccontano un’altra versione di questi ultimi accadimenti…. il sig.Botta, era a Varazze, attratto dall’annuale fiera del bestiame, il 24 di agosto, festa di S.Bartolomeo, molto frequentata dagli abitanti del Solaro, che portavano in processione i Cristi e la cassa del Santo, il sig. Botta chiese qual’era il compenso dei cristanti, saputa la risposta, pensò bene di fermarsi in questa località, dove c’era gente che faticava a gratis, meglio si potevano fare affari!
Ma l’intuito della svolta turistica, secondo le dicerie cittadine, lo ebbe l’anno dopo, sempre durante la festa di S. Bartolomeo, osservando la statua del Santo martirizzato con lo strappo delle carni. Con il passa parola generazionale, ancora oggi, per alcuni, la statua del Maragliano è la raffigurazione… du bagnante spellau vivu.
Questa l’evoluzione dell’economia della nostra città fino a metà del 900, fu in questo periodo che iniziò spopolamento del nostro entroterra continuato fino ai nostri giorni.
La fine della seconda guerra mondiale lasciò devastazione e miseria molti nostri concittadini se ne andarono da quella Patria che tanti lutti aveva creato.
Nel secondo dopoguerra ci fu la terza emigrazione dalla nostra città, erano perlopiù gli abitanti delle frazioni, che incoraggiati da parenti e conoscenti, già oltreoceano, fecero domanda di immigrazione e si imbarcarono in cerca di un futuro migliore.
Bisognava ricostruire anche l’Europa ed era forte la richiesta di mano d’opera qualificata e a basso costo, un’intera generazione, valicò il confine francese per tagliar boschi nella Francia Centrale.
Sono molti i racconti che “Il Museo del Bosco” ha pubblicato relativi all’emigrazione dei Lurbaschi in terra di Francia.

Serviva carbone per ricostruire l’economia italiana e il governo italiano fece un’accordo con il Belgio, carbone in cambio di esseri umani, da mandare a scavar carbone nelle miniere.
Le foto, estratte dall’Archivio Fotografico Varagine, non sono coeve agli argomenti trattati.

molto interessante, bravo
"Mi piace""Mi piace"