E Figgette da Fabrica

Pe ciù de sent’anni a l’è steta lì, sciu da Teiru duvve u gh’ea u giu da Fabrica a passerella de legnu a Cieli, Sciappapria e i orti da Lumellina, delà da sciumea u gh’ea i Muinetti, na fabbrica de Dadi e una de Tappi de sugao.

Emmu in tanti, a vedde quandu han cacciò su a siminea, u l’è stetu un spettaculu! Ma quarchedun u cianseiva.

Ho tratto questo post, dal bel libro di Lorenzo Arecco “Cotonificio Ligure un Secolo di Storia” Di quella grande industria manifatturiera, che sfamò tante famiglie varazzine e dei paesi limitrofi, non resta più nulla, non una targa o altro, esiste nel luogo, dove per oltre cent’anni, intrecciarono le loro vite lavorative, migliaia di nostri concittadini, in maggioranza donne.

Ancora un Grazie a Lorenzo Arecco, e alle sue ricerche storiche, con la sua passione e impegno, ci ha consegnato, perchè non cadesse nell’oblio, quel passato di laboriosità e di genialità che era nel sciu da Teiru.

Nei primi anni del 900, il personale femminile, in ta Fabrica era di circa 500 unità, di queste, all’incirca 300, erano residenti nel comune di Varazze, le restanti, provenivano dai paesi limitrofi, Arenzano, Cogoleto, Celle Ligure, Stella, Savona ecc. ma anche da altre città fuori Liguria

Un centinaio erano quelle provenienti da Voghera, Rovereto, Cuneo, Udine, Torino, Alessandria, ma anche da altri paesi liguri dell’entroterra.

Queste lavoratrici, fureste, furono alloggiate in parte in alcuni alloggi, messi a disposizione dal Cotonificio in località Muinetti, dove in una casa all’inizio di via Bianca, il Cotonificio aveva aperto uno spaccio aziendale, altre presso la Divina Provvidenza.

Nel 1911, la Ditta Cotonificio Ligure, prese in affitto due piani di una casa in località Molinetti, inizio di via Bianca, n° 4 appartamenti, muniti di abbondante quantità d’acqua, con 4/3/2 camere, sala, cucina e cesso con sistema inodore, così era scritto sul contratto d’affitto.

Nel 1913 la Ditta Cotonificio Ligure prese in affitto per due anni, l’intero 3°piano dell’edificio della Divina Provvidenza, alla somma pattuita di £ 600/anno, per crearvi un convitto di giovani operaie.

Le ragazze/operaie alloggiate alla Divina Provvidenza erano una quindicina. Nel 1914 fu stipulato un contratto, di assistenza e di controllo per le ragazze operaie, effettuato da due suore dell’ordine.

“le suore sono cedute alle seguenti condizioni, una con stipendio annuale pari a £500 e l’altra con stipendio annuale pari a £250, esse avranno alloggio gratuito e ammobiliato, saranno provviste di biancheria da letto e da tavola del combustibile e della luce, verrà fatto loro il bucato e saranno provviste della minestra del convitto” così era scritto nel contratto.

Nel 1925 fu costruita, dalla ditta Ottaviano Pichi & C, su progetto dell’Architetto Giuseppe Noberasco, al costo di £ 360.000, una Casa Operaia, che sarà per tutti u Palassu da Fabrica, un’edificio a sei piani, il primo della nostra città, costruito con la struttura in cemento armato, dove potevano alloggiare le dipendenti della Fabrica.

U Palassu da Fabrica, resistette bene, senza subire danni strutturali, durante la guerra mondiale, quando una bomba esplose a poca distanza dall’edificio, Durante lo stesso bombardamento, un’altra bomba penetrò all’interno della torretta del Cotonificio, ma rimase incastrata nelle scale, senza esplodere.

Una tabella elenca le assunzioni di personale femminile nel periodo dal 1900 al 1920. Erano poche le operaie che superavano i vent’anni.

L’età di assunzione, in media era di 15 anni, ma nei primi anni del 900, ci fu un incremento di produzione e l’età minima si abbassò ancora e circa il 20% delle operaie aveva dai 12 ai 13 anni.

Mediamente il rapporto di lavoro per una ragazza, durava 4/5 anni, un lasso di tempo utile, per mettere su un po’ di soldi e farsi il corredo da sposa.

Quasi tutte le operaie, lavoravano nel reparto tessitura, con i vecchi telai, dove era necessario un’addetta ogni due macchine, altre ragazzine, erano assegnate ai reparti: Incannatrici, Cannetti e Orditrici.

La retribuzione era a cottimo, solo in determinate circostanze la paga era giornaliera.

Le giovani operaie, erano le prime ad essere lasciate a casa, in caso di crisi di mercato, a volte licenziate e riassunte, solo dopo qualche giorno.

L’ambiente di lavoro, nei vecchi capannoni, era infernale, rumore, caldo torrido e d’inverno il gelo del sciu da Teiro. Questo provocò, diverse defezioni, per malattia, le lavoratrici tessili, non avevano alcuna assistenza e bastava avere anche solo un malore, per essere dichiarate cagionevoli di salute, ed essere licenziate, con la motivazione di scarso rendimento.

Alcune ragazze, lasciavano volontariamente il posto di lavoro, per assistere qualche famigliare anziano o malato. Quando contraevano matrimonio, quasi tutte, lasciavano il lavoro, pe tiò sciù na niò de figgi.

A metà ottocento /primi del 900, nel territorio del nostro comune lo stato delle strade era disastroso, chi abitava nelle frazioni e doveva recarsi in ta Fabrica, affrontava lunghi tragitti a piedi percorrendo, sentè e scurse, pe arrivò a via Gianca, che era il collettore di questi tragitti di chi proveniva da Alpicella Faje Sciarborasca o Cogoleto, percorsi affrontati alle prime luci del giorno o quando ancora era buio, con ogni condizione meteo e risaliti a fine giornata, quando si accendevano i lumi nelle case .

La via Gianca, era ancora unita al colle di S.Donato, dalla propaggine rocciosa, fatta poi brillare, nei primi anni del 900 e sostituita da un Puntin de legnu.

Molte di queste giovanette, che scendevano dalla via Gianca, cresciute nel timor di Dio, allungavano il loro tragitto, insieme alle colleghe più anziane, per rivolgere una preghiera o anche solo per farsi il segno della croce, davanti al sagrato della Chiesa di S.Donato.

Dall’alto del colle, avevano la vista di quell’immenso Cotonificio, che adagiato nel sciu da Teiru, era pronto per inghiottirle, nel frastuono e in ambienti malsani, per dodici ore al giorno e per sei giorni settimanali.

Se fossimo capitati a fine giornata, nei primi anni del 900, davanti ai cancelli da Fabrica, avremmo visto, frotte di bambine, uscire da quell’enorme buco nero, con schiamazzi e grida, come alla fine delle lezioni, di un’istituto scolastico.

Il ritorno alle proprie abitazioni, nell’entroterra, poteva essere effettuato anche salendo la via Gianca dai Muinetti, oppure ripassando dal Colle di S. Donato, che era luogo di preghiera, ma anche un ritrovo di giovani, che diventava amoroso con la complicità delle ore serali, momenti spensierati, per quella gioventù che subirà sulla propria pelle, l’incubo delle due guerre mondiali.

Le innumerevoli scritte, presenti sui muri della Chiesa di S. Donato, furono incise proprio negli anni in cui era in produzione a Fabrica .

Migliaia di nostri concittadini perlopiù ragazze, hanno lasciato scritto sui muri di S. Donato, il loro nome, qualche promessa d’amore e simboleggiato con una casetta la loro unione, è l’unica testimonianza, che ci hanno lasciato generazioni di ragazzi ragazze, ma anche bambine, che a dodici anni erano già a travvagiò in ta Fabrica.

foto b/n Archivo Storico Varagine

2 pensieri riguardo “E Figgette da Fabrica”

  1. Per me doppiamente interessante, sia dal punto di vista storico, sia dal punto di vista familiare perché molto probabilmente mia nonna ,Maria Ravecca, nata nel 1909 lavoro per qualche tempo al Cotonificio prima di incontrare mio nonno e sposarlo. Esistono i registri con i nominativi delle operaie? Suppongo di no perché stando alla descrizione venivano assunte e lasciate a casa con estrema facilità.

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