
U Rifuggiu da Caminà è una grande opera civile, costruita durante il secondo conflitto mondiale.
Sapevo dell’esistenza, di questo ex rifugio antiaereo, la cui entrata è oggi in parte murata.
Conversando con un mio collega Tonino, che risiede nella zona, ho chiesto se aveva qualche notizia di questo rifugio, in particolar modo in che stato dell’arte si trovasse un manufatto di circa ottant’anni fa e se era possibile visitarlo.
Ci accordiamo per l’esplorazione.

Muniti di torce e di stivali, pensando di dover guadare chissà quali pozze d’acqua e fango, siamo entrati nel rifugio, alle ore 15 di un sabato pomeriggio.
Il tunnel ci accoglie con un buio totale e un’umidità esagerata, che appanna subito i miei occhiali e mi obbliga a proseguire nella visita, senza l’ausilio delle lenti.
Accendiamo le torce e percorsi pochi metri, Tonino esclama “Belin u finisce chi! Nu aspeta… u va avanti….”
Alla fine della nostra esplorazione, Tonino misura, contando i passi il percorso delle gallerie, che risultano essere lunghe in totale almeno un’ottantina di metri.

Ma il tunnel, in origine era ancora più lungo, dopo una discarica di materiale da scavo, non si può più proseguire perchè la galleria è murata.
Disegno su di un foglio, lo schizzo della pianta del rifugio, che dopo un’iniziale svolta a destra, ha la classica forma a ferro di cavallo e quella parete murata, era probabilmente un’uscita di emergenza, in direzione di via Camogli.

La struttura è in cemento armato, perfettamente integra, con assenza di infiltrazioni d’acqua ( ma visto il periodo di siccità è probabile che ci sia qualche stillicidio d’acqua in caso di acquazzone)
Dopo qualche minuto, verificata visivamente la solidità della struttura e l’assenza di lesioni e di altri pericoli, iniziamo ad osservare i dettagli, di questa grandiosa opera in calcestruzzo.
Io e Tonino mai avremmo pensato di trovarsi nella grandiosità di questo rifugio, entrambi osserviamo con meraviglia questi tunnel, che ogni 25 metri circa, cambiano di direzione.
Misuro larghezza e altezza della sagoma delle gallerie, che risultano essere entrambe di due metri e mezzo

Ai lati del percorso, sono ricavati 5 vani.

Il primo è un vano doppio, dove sono ubicati i servizi igienici, con turca vaschetta e soprastante tubo di areazione.

Altri fori di aereazione, sono presenti nelle volte delle gallerie

Altri quattro vani, con pavimento piastrellato, potevano essere depositi di viveri e acqua, oppure erano locali riservati per qualche personalità militare o civile, che doveva mettersi in salvo, con la famiglia durante un’incursione aerea.

Un’albero, forse un fico, ha infiltrato le sue radici, attraverso una fessurazione

Ha raggomitolato, nel tentativo di trovar dei nutrimenti, le sue propaggini sul pavimento.

Concrezioni calcaree, come stalattiti penzolano nel vuoto
Cerchiamo qualche scritta o incisione di nomi o date, ma sul cemento grezzo di questo rifugio, era difficile scrivere.

Un grande colmo di terra e pietrume è stata scaricato all’interno del rifugio, tramite quello che era uno sfiato d’aria o un’uscita di emergenza, aggiriamo questo ostacolo, ma fatti pochi passi, un muro in mattoni chiude la galleria.

Il rifugio, a parte questo accumulo di terra è abbastanza libero da detriti e “rumenta” solo nella parte iniziale c’è uno sversamento di materiali inerti e rifiuti civili.

I resti di un impianto elettrico, percorrono tutta la volta delle gallerie, dove sono rimaste le staffe e qualche isolatore




Fotografo quelli che possono essere gli oggetti abbandonati in questo rifugio, da chi usufruiva di questa struttura, una lampadina, i resti di quello che secondo Tonino, era uno strumento musicale a fiato, bottiglie, scatole di conserva e quel vasino per i bisogni dei bambini, chissà chi lo avrà dimenticato, poi ancora residui marciti, di serramenti in legno e un cumulo di vetri rotti

e quella capasanta chissà come è arrivata fino lì?
Tonino mi fa notare, la totale mancanza di tracce di animali, solo alcune ossa, forse di un gatto venuto a morire in pace qua dentro, niente insetti o impronte di topo.
U Rifuggiu da Caminò è una grande opera muraria, chissà chi erano quelli che a forza di braccia, hanno scavato questo rifugio capace di contenere alcune centinaia di persone, che accorrevano sutta au Carmettu, ad ogni allarme aereo.
Passato il momento dell’esplorazione e delle varie osservazioni, far foto e scambi di opinioni, fra me e Tonino, si sente la naturale voglia, di uscire all’aria aperta alla luce all’aria.
Non è una piacevole sensazione, quello dello star nelle viscere della terra e questo lo si percepisce, dopo un certo lasso di tempo, allora viene da pensare a chi doveva rifugiarsi, nella madre terra e magari restare nascosto qua sotto al buio nell’umido/caldo, che permea questi ambienti.
Gente terrorizzata, che già aveva visto gli effetti dei bombardamenti sulla nostra città, specie quello del 13 giugno del 44, quando le bombe, fecero una strage nel centro della città.
Circa ottant’anni, fa quaggiù, in queste lunghe gallerie, avremmo sentito arrivare di corsa un trambusto di gente, che cercava di mettersi in salvo, dopo un allarme aereo, quei nostri compaesani, avranno consolato i bambini spaventati, pregato ma anche imprecato e implorato come succede in ogni conflitto che finisse quell’inutile guerra.
A quella moltitudine di gente inerme, dopo anni di paura e stenti, poco importava chi avrebbe vinto quella guerra, volevano solo una cosa, non dover più correre a rifugiarsi sotto terra è per questo, che questa grande opera civile, ma anche altre strutture militari, presenti nel territorio della nostra città, sono state consegnate all’oblio, da una comunità che ha provato sulla propria pelle le tragedie della guerra.

Ringrazio il mio collega di Centrale e amico, Tonino Franzone, che mi ha accompagnato in questa visita.
Nessuno dei due, pensava, quando abbiamo varcato la soglia du Rifuggiu da Caminà, di trovarsi al cospetto di questa colossale opera, ancora perfettamente funzionale, per essere visitata o per qualche evento culturale.


Grazie
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