4)U Rian dell’Ommu Mortu

Oltrepassati gli Armuzzi, la carovana passò accanto a quel primitivo luogo di culto che diventerà poi un Monastero.

Qui leggenda vuole, che i due preti scavarono una buca, seppellendo chissà che cosa forse le reliquie di un santo.

Ratis conosceva bene quei posti, frequentati da bambino, durante le fienagioni o al seguito degli animali da pascolo, gli armigeri intimoriti dalle violente reazioni di quei Liguri, temevano per la loro incolumità e si rifiutarono di andare in avanscoperta.

Così si fidarono di quel fanciullo che era sempre accanto alla Bestiassa la quale ogni tanto lo accarezzava con la proboscide.

Indicò ai carovanieri, le cascine nei boschi, dove era stato depositato il fieno, per i giacigli dell’accampamento e per gli animali

Arrivati au Cian de Beriu, l’elefante fu lasciato in custodia al ragazzo, che lo rimpinzò di fieno

Fra Ratis e l’elefante si era creata una specie di sintonia, la stessa simbiosi che lega istintivamente, gli animali ai cuccioli d’uomo.

Il ragazzo e l’elefante intuirono che si potevano fidare reciprocamente l’uno dell’altro.

Quella povera bestia, strappata dal suo habitat naturale e condotta per ben quattro anni, in giro per il mondo, ritrovò un po’ di fiducia e di affetto nel genere umano stando a contatto con quel ragazzo

Arrivarono alle Ferraie attraversarono i rii Canette e Purcò poi verso il passo do Fo Lungo

Sempre guidati da Ratis, proseguirono verso il Giovo, e quelle mulattiere in salita, iniziate da quando si erano lasciati il mare alle spalle, terminarono, con gran sollievo per tutti, in alcuni tratti, si era addirittura in discesa e finalmente ecco u Zuvu, dove probabilmente si accamparono per la notte.

Questo itinerario, fu per molti secoli, il passaggio preferito e meno impervio, praticato da chi, doveva oltrepassare l’Appennino per dirigersi verso Aquea e poi la pianura.

Vercelli, era una tappa di quella spedizione, l’elefante al riparo di una stalla, trascorse i mesi invernali, poi a inizio primavera, quella carovana, affrontò l’ultimo tratto, per terminare quell’incredibile viaggio, da Bagdad ad Aquisgrana, dove Carlo Magno, stava attendendo quel dono, fortemente voluto.

La storiella termina qui, Ratis arrivato al confine del territorio della sua gente, sarà stato liberato, oppure è rimasto con l’amico elefante fino a Vercelli e poi sarà magari arrivato fino alla corte di Aquisgrana?

Ritorniamo agli Armuzzi. Passato l’inverno con vento, freddo e neve, al disgelo di primavera, l’acqua impetuosa du Rian, restituì, nei pressi di quel ponte ad arco degli Armuzzi, il corpo di uomo, irriconoscibile, per l’avanzato stato di decomposizione.

Nessuno fece domande, ma tutti sapevano, di chi fosse quel corpo senza vita.

La carità cristiana di quella gente, rispettò l’anima del defunto e forse per chiedere perdono all’altissimo, nel luogo di sepoltura, fu eretto un nicciu.

Quelu  Rian aua u se ciamme u Rian dell’Ommu Mortu

fine

Cunto’ da Giuan Marti

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