U Falò

Tratto da ” Olio di Oliva e Cotone” di Giovanni Martini

Dedicato ai miei amici, Antonio, Angelo e Massimo.

In ricordo di Antonio Fazio

Eravamo ragazzi negli anni 70, la nostra vita era tutta lì, dove il fiume Teiro, fa l’ultima curva per poi proseguire finalmente diritto verso il mare.

Il lavoro non mancava per nessuno, lungo l’asta del fiume, molte attività, erano ancora legate all’utilizzo della forza motrice,fornita dall’acqua prelevata dal corso d’acqua e fatta precipitare fra le pale di un mulino o semplicemente usata, per la pasta di carta e poi tante altre attività oggi scomparse, il cotonificio, la fonderia le falegnamerie, marmisti carpenteria in ferro, autofficine, riparazioni moto, carrozzerie e demolizioni auto.

Varazze era una città molto laboriosa e si era colleghi, anche terminato l’orario di lavoro.

Non esisteva come oggi la natalita’ azzerata, che oggi conferma la provincia di Savona, come quella ai vertici mondiali dell’età media più elevata.

Un territorio quello della provincia di Savona dichiarato Area di Crisi Complessa.

Negli anni 70, erano centinaia i bambini che “bighellonavano” o lungo il fiume o nei boschi, pochi in spiaggia, perché si diceva che prendere tutto quel sole faceva male alla testa!

Nelle festività di S.Giovanni, S.Pietro e S.Donato era uso fare i falo’.

Era compito di noi ragazzini, raccattare tutto quello che di combustibile poteva servire, per la catasta da ardere, la sera del giorno dedicato al santo di turno.

Si andava in giro a domandare, nominando il Santo di turno:

“Gh’ei quarcosa pe u falò?”

La presenza lì vicino, di alcune falegnamerie, dava modo di reperire molto combustibile, specie i ricci di legno e i scarti di lavorazione, ma il più costante fornitore di materiali, era il bosco necessari e insostituibili erano i suoi rami secchi e non, tagliati o strappati dalle piante.

Negli anni 70 era lecito, anche smaltire un po’ di tutto, i pneumatici usurati ad esempio, erano “buoni da bruciare”, ricordo la carcassa di un pneumatico da camion, che finito il rogo del falò, continuò la sua lenta combustione per alcuni giorni, finché carbonizzato e con tutti i suoi fili metallici scoperti, diventò la base del successivo rogo.

Era enorme, la catasta di “cose” da bruciare accumulata, intorno ad un palo centrale, sulla cui sommità, era posta la “biondina” di solito una vecchia bambolina, che simulava la strega data alle fiamme, antichi retaggi persecutori delle megere messe al rogo dall’inquisizione religiosa, che ancora trovavano continuità storica, in questi roghi, ma anche il riferimento biblico con la bionda Salomè la figlia di Erode, che fece decapitare S.Giovanni Battista.

L’ accensione del falò era attesa con impazienza da un folto gruppo di persone, a volte era posticipata di qualche minuto, per aspettare il vicino di casa che mancava all’appello, era la festa di tutto questo gruppo di case, aggrappate alla collina alla fine di via Montegrappa, proprio di fronte alla chiesa di S.Donato, sulla sponda destra del Teiro.

Tutti intorno alle fiamme del falò con i volti illuminati dalle fiamme a debita distanza per proteggersi dal calore e dai tizzoni portati in aria dalla forza delle fiamme, noi ragazzini allietavamo la festa, facendo roteare con una corda, un pezzo di paglietta di ferro incendiata, gli spezzoni incandescenti, staccati dalla forza centrifuga, producevano una sorta di spettacolo pirotecnico, apprezzato dalle donne e ragazzine presenti con grida, miste di paura e ammirazione.

Foto Pagina Facebook Museo del Bosco

Un’ applauso generale arrivava, quando le fiamme raggiungevano la ” biondina” e poi i complimenti e le pacche sulle nostre esili spalle, da parte degli adulti, che ci gratificavano era un segnale di un vero senso di appartenenza a questa piccola comunità, un grazie per tutto il lavoro fatto.

Fu dopo un falò che ci salutammo da buoni amici, Antonio e Angelo andarono ad abitare dall’altra parte della città, mi promisero che sarebbero ritornati a giocare con noi, ma la promessa non fu mantenuta, solo qualche sporadico incontro in centro.

Si spensero uno dopo l’altro questi falò in città e nelle frazioni e di quei momenti, come di tanti altri, fatti di convivialità e di solidarietà, rimane solo un ricordo.

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