A Betolla dell’Avzè

Il piu incredibile e tenace essere vivente, del massiccio del Monte Beigua, si trova presso l’area attrezzata dell’Avze’.

Una betulla che si era spezzata molti anni fa ha fatto crescere un pollone che ha raggiunto l’altezza di almeno 6/7 metri.

Il suo tronco abbattuto con un’ampia curva è riuscito a ergersi ancora, per almeno dieci metri.

Al cospetto di questo incredibile adattamento viene da pensare ad una qualche forma di intelligenza vegetale superiore.

Molti anni fa invece anche queste strane forme di sopravvivenza erano attribuite ad antiche credenze

La Betulla tra leggenda e realtà tratto da “Piemonte Parchi l’Albero della Luce”

Secondo le popolazioni dell’Europa neolitica, un rapporto profondo legava la pianta alla Grande Madre. Questa associazione marcata della pianta con la luna e con la Dea, cioè col mondo femminile, spiega perché essa era collegata a luoghi arcani e misteriosi che i Celti chiamavo Sidhe, i cui messaggeri erano non a caso creature fatate e femminili.

Dalla linfa essi ricavavano anche una bevanda da ingerire in primavera, che si riteneva capace di rendere fertili le donne.

Per questa era considerata anche una pianta dell’amore; giacigli fatti con rami di giunco e di betulla erano tra i preferiti dagli amanti in numerose leggende celtiche e come pegno d’amore spesso veniva donata una ghirlanda di betulla.

Piantata vicino alla casa di una fanciulla le garantiva la felicità e un ottimo matrimonio.

Albero preposto al mese che cominciava col solstizio d’inverno, era anche associato alla festa di Imbolc, una delle principali del mondo celtico, corrispondente al nostro primo febbraio, vigilia della Candelora, festa di purificazione e rinascita che prelude alla primavera.

Numerose credenze popolari poi, avvolgono la betulla di un alone di mistero: ad esempio si riteneva che coi suoi rami le streghe costruissero scope volanti, mentre per la grande luminosità della sua fiamma il legno si usava per scopi rituali.

In Italia, per curare il rachitismo infantile, si raccoglievano nella notte di San Giovanni alcune foglie di betulla, si facevano seccare nel forno e si infilavano ancora calde nel letto del bambino.

Il simbolismo purificatorio si ritrovava un po’ ovunque. Nell’antica Roma i fasci intorno all’ascia che reggevano i littori davanti ai magistrati erano composti da rami di betulla.

Questi rappresentavano le punizioni che potevano essere inflitte ai colpevoli ed avevano anche la funzione di purificare l’aria dinanzi ai magistrati.

Anche nel Medioevo era considerato un albero di luce, simbolo di saggezza e di purificazione, tanto che lo scettro dei maestri di scuola era composto da rami di betulla intrecciati e in tutta Europa furono usati anche per calmare gli esagitati e frustare i delinquenti e gli alienati, allo scopo generale di scacciare gli “spiriti cattivi”.

In uso esterno il decotto delle foglie o della corteccia è indicato come disinfettante e in caso di malattie della pelle.

Un tempo la corteccia veniva usata per l’estrazione del tannino, per scrivere, per fabbricare imbarcazioni e calzature, per rendere impermeabili le case, ma anche per abbassare le febbri e combattere l’influenza.

Il carbone della stessa era persino utilizzato come antidoto nei casi di avvelenamento da parte di alcune specie fungine, come l’Amanita muscaria.

Notissimo l’uso della sua linfa, detta ‘acqua o sangue di betulla’, dalle ottime proprietà depurative e diuretiche, favorisce l’eliminazione dell’urea e dell’acido urico senza irritare i reni.

Essa viene raccolta in primavera mediante incisioni sul fusto e bevuta al mattino a digiuno.

A livello popolare si riteneva ammorbidisse i legamenti, agevolando la guarigione dell’artrosi.

Secondo la visione sciamanica tali proprietà sono giustificabili in diverso modo: l’incontro interiore con un simile alleato del mondo vegetale aiuterebbe a ripristinare il collegamento tra la dimensione terrena e quella spirituale, eliminando gli ostacoli a tale ascesa come le emozioni non ancora elaborate, trattenute nell’organismo sotto forma di liquidi in eccesso.

Interpretazione questa, che permette di comprendere in un’accezione più ampia il titolo di “portatrice di Luce” di questa bella signora della foreste.

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